West Highland Way: da Kings House a Bridge of Orchy

[alert type=”success” dismiss=”no”]In quest’articolo l’ultima tappa del trekking scozzese di Diana, Derek e Mia lungo la West Highland Way.[/alert]

Il lusso di campeggiare vicino ad una locanda non ha prezzo. Quando ci alziamo dopo una notte tranquilla spesa tra gli abeti ascoltando il cigolio delle fronde mosse dal vento, decidiamo di approfittarne e farci cucinare una colazione calda e abbondante prima della partenza. Oggi niente stoviglie da lavare, il che ci fa risparmiare un sacco di tempo.

La Kings House Inn, a due passi dalla Bunkhouse, il temporaneo ostello aperto per approfittare della stagione mentre i lavori di restauro procedono alla riparazione dell’antica casa, è sin dal 1600 collocata in un punto strategico per l’accesso alla valle di Glencoe, che ancora nel 1800 era considerata così remota da essere accessibile “solamente all’aquila e ai suoi parenti pennuti”, come descritta di Charles Dickens nel 1841. Il motivo della longevità di questa locanda è il guado che consente di attraversare il fiume Etive e che divenne, nel ‘700, parte della prima strada costruita in zona per raggiungere Kinlochleven. Utilizzata come baracca militare dalle truppe britanniche nel corso delle rivolte giacobite, alla fine del 1700 fu convertita in una vera e propria locanda per i viaggiatori in carrozza. Il rivestimento con il tradizionale intonaco bianco a base di limo e caseina serve a garantire l’impermeabilità.

Kings House, Glencoe, Scozia
la Kings House Inn, nella Valle di Glencoe. L’intonaco bianco è fatto di un miscuglio di limo e caseina, una proteina del latte, secondo una “ricetta” tradizionale scozzese per garantire l’impermeabilità delle pareti

Il povero Donal MacInnes, il primo storico gestore per conto dell’allora capo del clan Campbell, dovette far fronte ad una terribile recensione scritta da Dorothy Wordsworth, scrittrice e sorella del più noto poeta romantico William Wordsworth. I due, nel corso di un lungo pellegrinaggio scozzese attraverso le Highlands, sostarono alla locanda. Dorothy non apprezzò, scrivendo al riguardo di non aver mai visto un posto più miserabile, con scomodi letti a castello e panche di legno come unico mobilio, pavimenti terribilmente sporchi, servizio lento e cibo di pessima qualità. Dorothy avrebbe desiderato, nel secolo della nascita del turismo scozzese d’élite, una dimora all’altezza del suo status, senza però considerare le difficoltà a cui il povero Donald doveva far fronte nel corso dell’anno: la posizione remota, il tempo inclemente e un proprietario tirchio con scarso spirito imprenditoriale. Nonostante la vita in questo angolo di mondo sia tuttora molto difficile, il Kings House Hotel rappresenta oggigiorno una vera perla nella desolata Valle di Glencoe, un faro nella notte per gambe stanche ed escursionisti infreddoliti.

Dopo colazione, mentre io mi prendo cura di Mia e lavo un paio dei suoi vestitini, Derek smonta la tenda. Oggi è una giornata asciutta e vogliamo approfittarne per avviarci al più presto lungo una nuova tappa. Non è difficile riconoscere dove si diriga il sentiero da questo punto, visto che decine e decine di persone che stanno percorrendo la West Highland Way in direzione nord continuano ad arrivare alla locanda: la maggior parte dei camminatori sono stremati e zoppicanti. Sono appoggiata al tavolo di legno all’esterno a godermi qualche tiepido raggio di sole quando mi rendo conto che di fronte a noi, nel parcheggio della Bunkhouse, un giovane cervo sta brucando tranquillo, per nulla preoccupato dal via vai e dai flash delle macchine fotografiche.

Cervo sulla West Higland Way, Scozia
Un giovane cervo nel cuore della Valle di Glencoe a due passi dal King House Hotel.

Quando Derek arriva siamo pronti a ripartire. L’obiettivo dei prossimi due giorni è di raggiungere Bridge of Orchy. Abbiamo cibo, scorte per i cani, vestitini e pannolini puliti per ancora un paio di giorni, ma dobbiamo essere cauti nel pianificare le nostre soste: stiamo infatti per attraversare la Rannoch Moor, 130 chilometri quadrati di torbiera fangosa, una terra brulla e spazzata dal vento. Trovare riparo, legna per il fuoco e un luogo asciutto dove campeggiare sarà difficile. La distanza che percorreremo oggi, pertanto, non dipenderà dalle nostre energie o dal tempo atmosferico, ma dal primo luogo riparato disponibile per passare la notte.

Le nuvole corrono veloci in cielo e, se tutto va bene, il tempo non dovrebbe essere troppo inclemente. La tempesta sta passando e tutti coloro che incrociamo in direzione opposta sono stupiti dai nostri racconti, perché al sud, nel corso dell’ultima settimana, il tempo atmosferico è stato invece piuttosto mite. Il sentiero, lasciato l’hotel, passa alla base dell’impianto sciistico di Glencoe per poi curvare verso est. L’impianto consta di venti piste da sci e otto seggiovie ed è attrezzato per accogliere visitatori sia d’estate che d’inverno, offrendo un’incredibile varietà di attività all’aperto e la possibilità di pernottare negli affascinanti microlodges, una sistemazione economica ma a suo modo esclusiva. perfetta per chi non ama la tenda ma vuole fare esperienza di campeggio. Se siete fortunati, questo è anche il posto ideale per avvistare l’aquila dorata, l’uccello rapace più grande della Scozia, nonché specie protetta.

Più procediamo e più il nostro sguardo si perde sull’infinita distesa della Rannoch Moor: quando la linea ferroviaria delle West Highlands fu costruita più di un secolo fa, per attraversare questa prateria fangosa gli operai dovettero distendere le rotaie su uno strato flottante di rami, sterpaglie e migliaia di tonnellate di suolo e cenere. Set cinematografico di numerosi film, per gli appassionati di Trainspotting è questo il luogo dove, nel 1996, Tommy e la sua gang si dirigono in treno per un po’ di aria fresca.

Diana e Mia sulla West Highland Way
Mia schiaccia un pisolino. La desolata distesa della Rannoch Moor domina il paesaggio alle nostre spalle.

Dopo aver camminato per un paio d’ore vediamo all’orizzonte alcuni piccoli boschetti di abeti. Decidiamo che sicuramente la nostra sosta per la notte sarà lì. Discendiamo con pazienza il sentiero, avvistando di tanto in tanto qualche cervo sulle colline circostanti ed aironi, anatre e oche selvatiche che si riposano nei tranquilli specchi d’acqua prima di riprendere la loro migrazione verso nord. Lungo il torrente sul fondo valle un gruppo di ragazzi sta facendo una pausa. Scambiando due chiacchiere scopriamo che uno di loro viene da Paisley, la nostra città di partenza. Siccome ho perso recentemente il copri-obiettivo della mia macchina fotografica gli lascio il mio numero di telefono: non si sa mai che lo ritrovi percorrendo la via in senso opposto.

E’ ancora giorno quando raggiungiamo i boschetti in cima al sentiero e ne siamo lieti perché abbiamo modo di esplorare il terreno e scegliere un posto perfetto per la nostra nottata. Il primo bosco è sfortunatamente molto fangoso, per cui proseguiamo verso il secondo. Scopriamo, vicino al sentiero, una piccola radura rialzata, con un dosso a forma di mezzaluna su un lato che fornisce protezione dal vento. L’erba è soffice e il legno abbondante. Mentre Mia gioca con pigne e rami, prepariamo l’accampamento. Ci aspetta una lunga serata con cielo stellato. Durante la notte, gufi e altri uccelli notturni cinguettano senza sosta. Ovviamente non siamo gli unici che si muovono da un bosco all’altro per trovare riparo: gli alberi sono una vera e propria manna nelle Highlands e rappresentano un habitat prediletto per la maggior parte degli animali che vivono in queste brughiere spazzate dal vento.

Trekking Scozia Highlands
All’orizzonte un paio di piccoli boschetti di abeti ci attendono, offrendoci un luogo riparato per passare la notte e legna per il fuoco.

La mattina seguente siamo riposati e sereni e non manca molto a Bridge of Orchy. Appena rientriamo sul sentiero incontriamo un ragazzo, del quale, dopo aver scambiato qualche parola in inglese, riconosco immediatamente lo spiccato accento ligure. Da Genova è partito solo con uno zaino ben attrezzato e sta percorrendo da qualche giorno la via in direzione nord. Gli chiedo di salutare la mia città natale prima di avviarci in direzioni opposte. Per tutto il giorno non facciamo che fermarci a chiacchierare con un’incredibile folla di gente che si sta dirigendo a Kingshouse, dove passerà la notte. Praticamente nessuno porta uno zaino sulle spalle: quasi tutti hanno optato per il servizio di trasporto bagagli da una locanda all’altra.

Un ragazzo accompagnato da un piccolo cagnolino si ferma a riposare nello stesso posto scelto da noi: lo zaino che ha sulle spalle è gigantesco, le unghie delle sue mani sono spesse e nere, gli scarponi consunti. Ci racconta che viene dal Galles e che cammina da circa un mese in solitaria. Ha chiuso la porta di casa dietro di sé e da 30 giorni campeggia liberamente come noi con la sola compagnia del suo amico a quattro zampe.

Nel primo pomeriggio ci ritroviamo su un tratto del sentiero che discende attraverso una foresta dall’aspetto antico: alberi di quercia, pini silvestri, betulle argentate e faggi secolari hanno forme contorte e sinuose, con tronchi e rami ricoperti di spesso muschio verde brillante. Sembra davvero un paesaggio fiabesco. La vista si apre gradualmente su un ampio lago: il Loch Tulla. Sulle sue sponde si trova una villa di epoca vittoriana di proprietà della famiglia Fleming: Ian Fleming, lo scrittore dei romanzi di James Bond, perse suo fratello proprio qui in un incidente di caccia nel 1971.

La WHW (West Highland Way) curva decisa verso est quando davanti ai nostri occhi compare l’Inveroran Hotel. Il tipico intonaco tradizionale bianco e le tegole di ardesia ricordano il Kings House e infatti anche questo luogo ha origini molto antiche, avendo rappresentato per i viandanti un importante luogo di ristoro sin dal 1800.
La locanda è stata restaurata mantenendone i caratteri tradizionali ma fornendo un servizio all’altezza di un hotel contemporaneo. Al pianterreno, un suggestivo bar ristorante con pochi tavolini di legno serve sidro, birra e pasti, nonché un’ottima selezione di whisky scozzesi. Abbiamo voglia di viziarci un po’ e decidiamo dunque di mangiare e bere qualcosa di fresco in questa locanda fuori dal tempo. La selezione di formaggi e salmone fresco, innaffiati di birra e sidro, è eccezionale. L’accoglienza e il servizio sono perfetti, i cani e Mia vengono trattati con estrema gentilezza. Rimaniamo così colpiti dal luogo, collocato in questo remoto angolo di paradiso, che decidiamo di prenotare un tavolino per la sera e offrirci una calda e confortevole ultima cena lungo la WHW.

Loch Tulla, Highlands, Scozia
Loch Tulla, Highlands, Scozia

Siamo molto vicini a Bridge of Orchy e optiamo, non avendo più molto tempo a disposizione, per spendere un rilassante pomeriggio godendo del tanto desiderato sole che sta facendo capolino tra le nuvole. Il luogo che scegliamo per campeggiare è una piccola radura al margine di uno dei tanti torrenti che sfociano nel Loch Tulla. Non ci sono boschi a disposizione nelle immediate vicinanze ma Derek non ci mette molto a effettuare una ricognizione delle rive del torrente e torna carico di legna per il fuoco. Mentre organizza l’accampamento io gioco con Mia e i cani vicino al torrente. Mia vuole entrare nell’acqua: da piccola scozzese, il sangue non mente. L’acqua è gelida ma a lei non sembra importare e si fa un bagnetto. Prima della cena mi prendo un po’ di tempo per scattare qualche foto a un branco di cervi che rumina in lontananza e godermi da sola un magnifico arcobaleno che sovrasta il lago.

Alle 6 di sera torniamo alla locanda per gustare una deliziosa Shepherd’s Pie, letteralmente “torta del pastore”. Questo piatto povero, britannico più che esclusivamente scozzese, può essere gustato in diverse varianti ma la base è sempre la stessa: carne macinata (in questo caso di agnello scozzese) stufata con carote, cipolla e dado, ricoperta da una crosta di purè di patate gratinato in forno. Io ne ho assaggiate molte, ma quella che ho mangiato qui ha superato davvero tutte le aspettative. A cena ci sono altri camminatori, tutti uomini e tutti decisamente in vena di chiacchiere. Tra loro, Lucas, un anestesista tedesco, che ci racconta della sua esperienza lungo la WHW in direzione nord. Anche lui viaggia solo, con una piccola tenda, e ci racconta di aver portato con sé una bottiglia di whisky torbato, una varietà particolarmente pregiata dal sapore intensamente affumicato, prodotto esclusivamente in un’isola della Scozia chiamata Islay. Sono giorni che aspetta l’occasione giusta per berlo in compagnia. Derek, che non si fa mai sfuggire opportunità del genere, lo invita ad approfittare del nostro fuoco ed è così che spendiamo l’intera serata sotto le stelle a chiacchierare e bere whisky, mentre Mia riposa al caldo nella tenda. Una perfetta ultima notte di campeggio.


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La mattina dopo partiamo con calma dopo una veloce colazione. Il cibo per i cani è finito e sto utilizzando gli ultimi vestiti puliti per Mia. Il tratto tra Inveroran e Bridge of Orchy è breve. Una serpentina che si inerpica veloce e poi scende tranquilla verso valle.

Incrociamo un ciclista e una coppia con grandi zaini pesanti. Quando siamo arrivati quasi in fondo al sentiero ci accorgiamo di aver perso una delle scarpine di Mia. Derek ne ripercorre un tratto sperando di ritrovarla ma purtroppo non ha fortuna. Verso l’ora di pranzo raggiungiamo la piccola cittadina di Bridge of Orchy, chiamata così per il ponte di pietra costruito nel 1750, in corrispondenza del fondamentale guado attraverso l’impetuoso fiume Orchy. L’unico hotel di Bridge of Orchy accoglie i visitatori con la scritta “Benvenuti Camminatori” e offre caminetti sempre accessi, birra e cibo a volontà ed una bunkhouse esterna per il pernottamento.

La stazione dei treni si trova a due passi e l’hotel è un luogo perfetto per chi decide di iniziare a percorrere la WHW da questo punto verso nord. Siccome dobbiamo attendere quattro ore per il nostro treno di rientro verso Glasgow, troviamo riparo nella locanda, dove mangiamo un boccone e beviamo qualcosa di fresco. Ci serve Anna, una ragazza italiana che lavora lì con la sua compagna. Dopo aver vissuto a Edimburgo per qualche anno, le due mi raccontano di voler sperimentare una nuova realtà prima di lasciare la Scozia per destinazione più calde. La stagione dei midges, i fastidiosi moscerini, sta per iniziare e Bridge of Orchy è particolarmente rinomata per la loro aggressività: auguro a entrambe buona fortuna! Mentre pranziamo, un uomo solo in scarponi da trekking mi si avvicina e mi chiede se per caso abbiamo perso una scarpa da bimba: non ha visto molti bebè in giro e, mentre si trovava sul sentiero in direzione sud, una coppia di camminatori gli ha consegnato la scarpina nel caso ci avesse incrociati lungo il cammino. Queste cose succedono spesso quando si cammina in montagna ma scaldano sempre il cuore.

Mia, una bimba sulla West Highland Way
Mia in campeggio sulla West Highland Way

Bridge of Orchy è per noi l’ultima tappa di questa avventura. Il cartello, scritto anche in gaelico, ci segnala la stazione ferroviaria. E’ ora di tornare a casa. Il treno arriva puntuale e il rientro serale è lungo ma piacevole. La doccia e il nostro letto sembrano un lusso senza precedenti. E’ stata un’esperienza fisicamente molto stancante ma entusiasmante e ricca di piacevoli incontri. Il bilancio finale consta di alcune perdite: un guinzaglio, il mio copri-obiettivo (mai più ritrovato), il mio cappello di lana e uno stivaletto di Mia. Non mancano però anche alcune importanti vittorie: Mia nel corso dell’ultima settimana ha dormito meglio e molto più a lungo del solito e sul pavimento senza insidie della nostra casa ora cammina perfettamente. “Wow”, la sua prima parola, se così vogliamo chiamarla, fa ora parte del suo comunicare quotidiano. So che può suonare strano, ma sia io che Derek abbiamo l’impressione che in soli otto giorni Mia sia cresciuta moltissimo.

Abbiamo campeggiato nella natura in ogni condizione atmosferica ma non abbiamo mai sofferto il freddo e siamo fieri del nostro lavoro di squadra. Non vediamo l’ora di percorrere il resto della via: magari il prossimo anno Mia camminerà da sola. Per ora la nostra avventura si conclude qui, dopo sette notti di campeggio all’aperto e un totale di 56 chilometri percorsi.

Vorrei ringraziare, nel concludere questo ultimo articolo, Chiara Sonzogni, cara amica che mi ha ispirata nello scrivere il diario del mio viaggio a piedi nelle Highlands; Derek per avere sempre voglia di lanciarsi insieme a me in una nuova avventura; Zeno e Lafayette, per la loro costante presenza e compagnia a quattro zampe nella nostra vita; e tutti, ma proprio tutti, coloro che hanno dedicato del tempo a leggere questo diario e che mi hanno incoraggiata in questa nuova esperienza.

[alert type=”success” dismiss=”no”]A partire da maggio del 2018 inizierò a lavorare a tempo pieno come guida turistica in Scozia: se siete in vena di avventura o avete bisogno di qualche consiglio fate un fischio, noi cinque siamo qui ad aspettarvi![/alert]

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