L’ebrezza di essere, o quasi, sulla cima più alta dell’Ecuador.
La tappa precedente del mio viaggio in Ecuador è stata la città di Riobamba che, come dicevo, è crocevia di strade ed itinerari. Eccoci dunque in posizione strategica per percorrere la bellissima strada panoramica che tra prati e ghiaioni, strade e ghiacciai porta alla vetta del Chimborazo (6.310 m s.l.m.), il vulcano più prossimo alla città, attivo anche se si limita a sbuffare e rilasciare nell’aria pittoresche colonne di fumo. Il Parco Naturale che ne protegge le pendici, dista circa un’ora di autobus dalla città, tutti i mezzi in direzione di Guaranda si fermano davanti all’ingresso del Parco, ci sono corse ogni due o tre ore (purtroppo non posso darvi notizie più precise proprio perché non ce sono).
Come molte delle strade percorse fino a qui, il panorama la fa da padrone, attorno a voi sfileranno paesaggi molti diversi, il verde delle montagne che circondano la città assumerà toni più leggeri, fino a sfumare nel grigio, la vegetazione si abbasserà sempre più fino a mostrarvi distese di erba sottile, all’apparenza secca, che il movimento del vento rende brillante e dai colori cangianti, l’autobus sfiorerà pareti rocciose bellissime, per i colori e le forme delle stratificazioni. Il paesaggio si farà via via più arido, freddo e ventoso. All’arrivo vi troverete infatti investiti da un clima ben più freddo di quello della città.
L’entrata al parco è a quota 4.300 metri sopra il livello del mare. All’ingresso vi forniranno una mappa con i percorsi possibili e alcune indicazioni. L’itinerario più comune è quello per raggiungere i due rifugi, il primo è il Rifugio Carrel a quota 4.800 e il secondo è il Rifugio Whymper a quota 5.000.
Il primo rifugio si raggiunge anche in auto, la strada è piuttosto larga e la pendenza è dolce. Non ci sono mezzi di trasporto collettivi ma potete chiedere un passaggio a qualche privato, infatti la maggior parte dei visitatori, soprattutto ecuadoriani, arriva proprio in auto, quindi non avrete difficoltà ad incontrare qualcuno. Tuttavia consiglio di fare il tragitto a piedi per godervi la vista del vulcano sovrastante, con i suoi colori ocra e rossi (se il cielo sarà sereno), e per abituarvi gradualmente alla carenza di ossigeno; sarete costretti a rallentare il passo ad ogni metro, ma vi renderete conto che non sarete gli unici ad avere difficoltà a carburare, anche le auto arrancano per alcune difficoltà di combustione.
Lungo la strada il paesaggio vi sembrerà arido e sterile, in realtà è l’habitat perfetto per conigli, piccoli marsupiali, lupi di piccola taglia, e per numerose specie di uccelli, tra cui il condor, il re delle Ande. Se questi animali sono difficili da avvistare, non avrete invece problemi ad imbattervi in gruppi numerosi di vigogne (vicuñas in spagnolo), un camelide dall’aria simpatica e dalla lana pregiatissima (usata dagli inca solo per i tessuti destinati ai re) per questo da sempre animale protetto.
Per raggiungere a piedi il Rifugio Carrel ci vorranno circa 2 ore e mezza, 3. Al vostro arrivo troverete un parcheggio affollato, all’interno, per rifocillarvi dalla camminata, potrete
gustare piatti di zuppe, infusi di coca (aiuta a ridurre gli effetti dell’altitudine) e caffè caldo.
Subito dopo, percorrete gli ultimi duecento metri che vi porteranno a quota 5.000 e al secondo rifugio. Si tratta di un breve tratto ma irrinunciabile; innanzitutto prendetevi il vostro tempo e trovate il vostro ritmo, fermatevi a prendere fiato ogni qual volta lo riterrete opportuno, anche se sarà ogni 3 passi, e stupitevi pure, ridete se ci riuscite, degli ecuadoriani che scalano in infradito (a volte anche con qualche centimetro di tacco) e maglietta, riparati da coperte con orsotti stampati: camminano infreddoliti ma senza lamentarsi, con l’unico obiettivo di poter toccare la neve. Vedrete la delusione nei loro occhi se per caso nei prati non ce ne dovesse essere, loro che hanno lasciato casa così com’erano pur di vederla. Probabilmente vi sentirete fuori luogo per la vostra tenuta tecnica e anche per essere molto più affaticati di loro (non dimenticate che sono nati già in alta quota), però tutto questo sconforto verrà ripagato dal raggiungimento dei 5.000, addirittura vi timbreranno il passaporto, come si trattasse davvero di un’impresa.
Per ora mi sono rivolta a chi, come me, ha raggiunto o raggiungerà tale obiettivo per la prima volta nella vita, invece per gli scalatori più esperti questo è solo l’inizio. Si può infatti raggiungere la vetta del Chimborazo, a quota 6.310, la più alta dell’Ecuador, è possibile farlo solo dopo qualche giorno di acclimatamento e se accompagnati da una guida del luogo, con l’attrezzatura da ghiacciaio; infatti se al rifugio Whymper la neve è probabile, in vetta è una garanzia, attenzione anche alle scalate nei giorni di sole, alcuni pezzi di ghiaccio potrebbero rendere instabile il percorso.
Parlando di neve non posso non nominare il Signor Baltazar Ushca, l’ultimo di una generazione di hieleros, uomini che scavano il ghiaccio, lo modellano in blocchi e lo trasportano in città, per rivenderlo. Un tempo il ghiaccio serviva per conservare gli alimenti, ora lo si usa per succhi di frutta e gelati, e provenendo della montagna sacra, la gente gli conferisce proprietà curative. Ushca impiega cinque ore di cammino per raggiungere la cava di ghiaccio, in compagnia della sua mula, ogni blocco pesa 30 chili e lo vende per solo 4 dollari al mercato de la Merced di Riobamba. Orgoglioso del suo lavoro, che definisce un vero “lavoro da uomini”, Ushca è diventato el hombre del hielo, una sorta di attrazione turistica che speriamo serva almeno a preservare questa antica e meravigliosa arte.
Al Rifugio Carrel è possibile pernottare, lo fanno gli scalatori, essendo questo il punto di partenza per raggiungere la vetta, tuttavia potrete farlo anche se il vostro desiderio sia solo passare una notte in alta quota, immersi nel silenzio e sotto un meraviglioso cielo stellato. Come in molti casi vi conviene prenotare telefonicamente piuttosto che per e-mail, il costo di una doppia è di circa 30 euro, cena compresa (tel: (03)2 965 820, Cell: 0979084401, refugioschimborazo@gmail.com). L’agenzia che si occupa di organizzare le scalate alla vetta è la Andean Adventures (andeannadventures@gmail.com).
Anche al Lodge Estrella del Chimborazo (al chilometro 23 vía al Chimborazo, Tlf:+593 3-236-4278), un piacevole gruppo di casette ai piedi del vulcano, potrete pernottare in tutta comodità, sistemazione perfetta per chi volesse prendersi qualche giorno per acclimatarsi all’alta quota o solo per godere del paesaggio del parco.
Dopo l’escursione al Chimborazo vi consiglio di cogliere l’occasione per visitare Guaranda, una piccola cittadina di montagnache si distende su sette colli. Per questo la chiamano la Roma dell’Ecuador (ma solo per questo vi assicuro). Le case coloniche del centro risalgono ai primi del 1600, hanno bei cortili, luminosi e accoglienti che spesso ospitano locande, caffè e ostelli graziosi, tra questi mi sento di consigliare l’Hostal de las Flores in Calle Rocafuerte. Inoltre non tralasciate una sosta alla caffetteria bar Los 7 Santos, per una boccata di originalità, arte e musica (Calle Sucre).
La sosta a Guaranda vi servirà come base per visitare Salinas, un piccolo ma dinamico paesino, poco più di mille abitanti e punto di riferimento per le comunità andine vicine che qui producono gustosi prodotti locali: formaggio, cioccolato, funghi ed erbe secche, oli essenziali, creme e saponi. Non fatevi quindi mancare una visita alla queseria (fabbrica di formaggio), al laboratorio di cioccolato, alla fabbrica del sale (da cui prende il nome la città) e al negozio di prodotti naturali. Nei dintorni si possono fare alcune belle escursioni, per raggiungere alcune delle comunità più vicine, chiedete sempre indicazioni o fatevi guidare da qualcuno del posto, i sentieri non sono sempre ben indicati e il rischio di perdersi è alto.
A Salinas non mancano possibilità di alloggio, consiglio il centrale Hostal La Minga e il più tranquillo e silenzioso La Porta Abierta, una vera oasi del relax. Inoltre, nonostante sia un piccolo paesino, apparentemente sperduto e irraggiungibile troverete un’ottima pizzeria, gestita da Giampaolo, veneziano, ex-gondoliere, che circa una mezza dozzina di anni fa ha deciso di lasciare la bella laguna e trasferirsi proprio qui per, dicendolo con parole sue, “assaporare la vita vera”.
Lungo il mio viaggio ho incontrato parecchi europei, molti dei quali italiani, che hanno cambiato vita, lasciato definitivamente un mondo a cui non sentivano di appartenere più, scappando dall’insoddisfazione cronica, per fare della semplicità un vero stile di vita. La curiosità di sapere cosa si prova a fare una simile scelta e perché, ha sempre trovato risposta negli occhi di questi uomini e donne in cui ho visto il coraggio di essere riusciti a muovere i primi passi, poi la bellezza dei riflessi di nuovi paesaggi e la leggerezza data dalla sensazione di essere nel posto giusto e di averlo scelto.
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