Ecuador andino: Tulcàn e Riserva di Guandera

Sono giunta alla fine del mio racconto, con l’ultima di quattordici tappe che mi hanno permesso di ripercorrere l’Ecuador una seconda volta. Se le tappe raccontate fino a qui non sempre hanno rispettato l’ordine cronologico del mio viaggio, questa è stata davvero l’ultima. Ho lasciato l’Ecuador nel novembre del 2015, attraversando il confine con la Colombia a piedi e prima di accingermi a fare questo passo, ho visitato Guandera, riserva naturale della Fondazione Jatun Sacha, e Tulcàn, l’ultima cittadina del Paese, piccola e graziosa.

A Guandera ci sono giunta in modo rocambolesco e avventuroso. La riserva si trova sulle Ande, sulla carta dista pochi chilometri dalla Carretera Panamericana (la strada n° 35 che attraversa tutto l’Ecuador, in direzione nord-sud, collegando Perù e Colombia), tra i paesini di San Gabriel e di Huaca. La riserva è raggiungibile solo a piedi. O meglio, dal villaggio di Mariscal Sucre è possibile proseguire, con mezzo privato, ancora per circa sette, otto chilometri fino all’imboccatura del sentiero che, dopo circa un chilometro e mezzo, conduce all’ingresso della riserva. Potrete trovare delle indicazioni più dettagliate sulla pagina web della riserva.

A causa di questa difficoltà logistica consiglio di arrivare a San Gabriel o a Mariscal Sucre ben prima del tramonto, di viaggiare leggeri e portare con sé scarpe impermeabili o stivali di gomma. Lungo l’ultimo tratto del sentiero sarà infatti necessario guadare un piccolo ma impetuoso torrente.

La stazione scientifica è localizzata nel cuore delle Ande, fra 3.100 e 3.600 metri sopra il livello del mare, nell’unica porzione di foresta andina ecuadoriana rimasta vergine, non toccata cioè dall’uomo. Prende il nome da un albero preistorico, la guandera appunto, con le foglie carnose e molto resistenti. Le strutture che accolgono i visitatori sono un mix di architettura tradizionale e naturale, con interessanti accorgimenti ecologici e risultato di processi di auto-progettazione e auto-costruzione. Uno dei tesori della riserva è l’album di fotografie che mostra i volontari al lavoro per la costruzione dell’edificio principale, costituito da una sala accogliente con un ampio caminetto (il clima è rigido, freddo e soprattutto molto umido) e un piano con ampie stanze con camerate e letti con strati di pesanti coperte di lana. Attorno a questo edificio sorgono poi altri piccoli padiglioni di appoggio per attività ludiche ed educative, alcune piccole capanne per ospitare i turisti e rudimentali strutture per l’allevamento di piccoli roditori e di trote, oltre a serre dove vengono classificate le specie differenti di orchidee di cui la foresta è piena.

Il signor José, responsabile della stazione, vive a Guandera fin dalla sua fondazione (circa 25 anni fa) e conosce la foresta palmo a palmo. Se possibile fatevi accompagnare in escursione proprio da lui: vi farà notare dettagli e aspetti della natura incredibili. Nei lavori di manutenzione, controllo e protezione della foresta è aiutato da due o tre abitanti del villaggio vicino, che quotidianamente raggiungono a cavallo la riserva.

Il paesaggio che circonda Guandera è davvero unico, si tratta del paràmo andino, una sorta di steppa. Alla vista appare secco e arido ma in realtà si tratta di un sistema erboso molto fitto, simile al muschio, in grado di trattenere acqua come una spugna e garantire l’equilibrio dell’ecosistema andino, spesso secco, ventoso e con poco acqua. Ci sono distese di frailejones, buffi arbusti che appaiono come un incrocio tra una pianta grassa e una gigante stella alpina, dalle foglie vellutate. La fauna è composta da rapaci, piccoli orsi, roditori e lupi di piccola taglia. Questi ultimi rappresentano il nemico principale della riserva (si avvicinano in cerca di cibo e fanno razzie dei piccoli esemplari in allevamento) seguito. Un’altra minaccia è rappresentata dall’uomo: nelle stagioni secche, i responsabili della riserva devono sorvegliarne i confini perché gli abitanti dei villaggi vicini, per seguire rituali e credenze popolari, appiccano fuochi per ingraziarsi la pioggia, convinti di compiere un sacrificio in suo onore.

guandera, ecuador
Guandera – Dave Lonsdale

Ho passato due notti a Guandera. Erano i primi giorni di novembre ed è stato difficile a causa del freddo, dell’umidità e della pioggia incessante, difficoltà dovute al fatto che non fossi ben equipaggiata. Tuttavia ricordo queste giornate come una parentesi del mio viaggio, mi sono sentita immersa in un mondo diverso da tutti quelli conosciuti prima; ho vissuto con la natura, le mie giornate si accordavano ai suoi ritmi (colazione all’alba, pranzo alle 11:00, cena alle 18:00 e a letto alle 20:00), mi sono allontanata dalla frenesia del mio mondo, ho preso le distanze dall’artificialità di spazi e oggetti, dai rumori e dalla confusione. A Guandera non c’è linea telefonica (tranne un apparecchio per le emergenze), le reti internet e cellulari non raggiungono la stazione e quindi le giornate passano autentiche e focalizzate al momento e al luogo; i fatti si registrano su carta, le parole si contano sulle dita di una mano, la musica altro non è che il dialogo incessante e sempre nuovo tra flora e fauna.

Se potrete, non fatevi mancare questa esperienza, includete questa tappa tra quelle del vostro viaggio, potrete far respirare la vostra anima. Questo è stato l’ultimo profondo contatto con la natura dell’Ecuador. Con queste immagini e sensazioni ho lasciato il paese, con il cuore e i sensi freschi, leggeri, profumati. Non potevo desiderare nulla di diverso.

Per riadattarmi al mondo urbano, prima di incominciare il piccolo viaggio in Colombia, ho soggiornato due giorni a Tulcàn, una piccola cittadina curata e accogliente, che gode della vivacità della vicina città colombiana di Ipiales. La prossimità al confine permette scambi commerciali vantaggiosi, creando flussi costanti di merci e persone che contribuiscono a rendere la città dinamica e in grado di offrire più servizi rispetto alle altre città andine.

Le vie del centro conservano qualche bel palazzo coloniale e alcune botteghe storiche e ben fornite, la vita sociale è arricchita da piccoli luoghi alternativi che offrono attività culturali rare nel resto paese. C’è un cinema teatro che offre spettacoli per bambini e famiglie, a prezzi modici e talvolta con rassegne gratuite. La Casa Nuestra è un circolo culturale da non perdere: localizzato nel patio di una casa coloniale, offre diversi servizi, tra cui un caffè con una buona offerta di piatti veloci e bevande calde, una biblioteca anche per bambini, sale espositive per artisti locali e stanze per ospitare artisti in residenza o atelier. La musica è sempre molto buona e i gestori sapranno farvi sentire davvero a casa.

tulcan, ecuador
Cimitero di Tulcan – Diego Delso

Uno dei luoghi da visitare in città è il cimitero monumentale. Gli alberi e gli arbusti che fiancheggiano i viali sono scolpiti, mostrano volti e figure di personaggi religiosi e della tradizione andina, alcuni riconoscibili, altri immaginari. Si tratta del migliore esempio di arte topiaria del paese, un’arte nata nell’Antica Roma che qui, a migliaia di chilometri di distanza, trova esempi di rara abilità e accuratezza raffinata. Tulcàn è inserita in paesaggio verdeggiante, il clima è simile a quello dell’inizio della primavera, è quindi fresco, umido e profumato. I boschi e i prati circostanti sono di un verde brillante punteggiato da piccoli specchi d’acqua (alcune di acque calde, termali) e vacche al pascolo. Ricorda i paesaggi montani del’Europa più che gli altopiani andini.

A pochi chilometri dalla città si trova la Riserva El Angel, un altro esempio meraviglioso di pàramo andino, localizzato a 3.800 metri sul livello del mare. I percorsi sono facili e accessibili, bisogna però avere scarpe impermeabili, perché il morbido suolo del pàramo è umido, e darsi il tempo necessario per abituarsi all’alta quota. Spesso ci si trova immersi nella nebbia, ma quando si apre si può godere di viste davvero uniche e spettacolari.

Uno dei luoghi da visitare è la Laguna El Voladero, un posto magico non solo per l’atmosfera ma per anche per alcuni strani fenomeni, non ancora spiegati e quindi motivo di storie e leggende affascinanti. Sui declivi delle montagne circostanti si vedono a occhio nudo enormi buchi di forma triangolare, che formano delle piccole grotte naturali, la cui precisione fa però pensare ad un gesto artificiale o quantomeno umano. Le storie sono molteplici, la mia preferita narra che la posizione di questi buchi corrisponde ad un codice che permetterà di individuare la posizione del tesoro degli Inca, che si dice possa essere seppellito proprio qui, tra queste montagne, lontano dai luoghi noti ai conquistadores spagnoli, ultimo bastione di una ricchezza di cui non si conosce il valore e che molti ancora continuano a cercare.

Paramo andino, Ecuador
Reserva El Angel – Paramo at Dutch Wikipedia

L’Ecuador per me è un luogo inaspettatamente ricco, un paese nascosto, sconosciuto, lontano dalle principali rotte turistiche e forse proprio per questo autentico. Come in ogni viaggio ho vissuto esperienze intense e dense di significato, ma la permanenza prolungata ha amplificato questa intensità, ha lasciato tracce che mi hanno cambiata per sempre, sono cresciuta, imparando a contemplare la natura e ad avere timore della sua forza, a rispettare il mondo nella sua meravigliosa diversità, a commuovermi davanti alla potenza di un paesaggio nuovo, a registrare la vita nel presente e con tutti i sensi.

Ringrazio Matteo che mi ha portata laggiù; il mio coraggio per averlo seguito; Diana per le sue fotografie e la sua passione per questa terra a latitudine zero; Eva per i suoi scatti frenetici ma mai casuali e per avermi incoraggiata, insieme alla sua compagna di viaggio Miriam, a fare un altro passo; Mercedes e David per avermi fatto conoscere Jatun Sacha; il mio diario di viaggio per aver portato tutto questo per chilometri e chilometri; viaggionelmondo per aver creduto in questo itinerario. In ultimo, per potermi accomiatare come si deve, ringrazio chi sta leggendo queste righe per avermi ascoltata e accompagnata e abbraccio tutti coloro a cui ho sorriso, parlato, con cui mi sono scontrata o anche solo sfiorata durante questo lungo viaggio.

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