Se ripenso al mio viaggio e alla mia esperienza di vita in Sud America una cosa sola mi è mancata: non aver risposto alla chiamata dell’Ayahuasca, una cerimonia di purificazione spirituale che deriva dallo sciamanesimo dell’Amazzonia. Nei mesi successivi ho approfondito i suoi significati e ho ascoltato chi ne ha fatta esperienza diretta, e ho capito che l’occasione si ripresenterà, senza andare a cercarla, quando sarò pronta.
Ayahuasca è una parola quechua che significa “liana degli dei”, un significato che sottintende il suo forte potere di connessione e dialogo con il mondo spirituale ed extrasensoriale. È anche il nome volgare della Bianisteriopsis Caapi, una liana amazzonica che ha effetti allucinogeni molto forti, soprattutto se associata a un’altra pianta, la chakruna, che contiene DMT, la cosiddetta molecola dello spirito. Gli sciamani le sanno miscelare in una combinazione perfetta e dopo giorni di cottura delle foglie, meditazione e dialogo con la Natura estraggono la bevanda, anima del rituale millenario che prende appunto il nome di Cerimonia dell’Ayahuasca (detta anche Yagé). I segreti di questo decotto vengono conservati e tramandati soprattutto in Brasile, Perù, Bolivia, Ecuador e Colombia, dove è considerato una medicina sacra che aiuta a purificare il corpo e lo spirito.
In Ecuador ne sentivo davvero parlare come fosse un’entità più che un rituale, una liberazione necessaria da ciò che intossica l’anima e non permette di vivere appieno. Insomma, nulla di cui avere paura, ma piuttosto qualcosa verso cui nutrire gratitudine. Si dice anche che sia Lei, l’Ayahuasca, a suscitare in noi l’interesse, a tempo debito. Per quanto attratta da tutto ciò, sono sempre stata scettica, ma devo dire che non faccio poi così fatica, riflettendoci ora, a credere allo straordinario di questa storia.
Poco dopo il mio ritorno, in Italia, ho incontrato per caso (se il caso esiste) una donna colombiana che dopo poche battute, senza sapere nulla di me, mi ha chiesto: “Chiara ma tu l’Ayahuasca l’hai mai fatta? Ne hai mai sentito parlare?“. Ha continuato così:
Le liane di Ayahuasca sono i capelli della Pacha Mama (Madre Natura) è il suo strumento per contattarci, per curarci, per esprimerci il suo amore. Non possiamo astenerci dal dare risposta, non possiamo opporre resistenza. Se ci affidiamo alla pianta e alla sua anima, nulla potrà andare male e tutto ciò di negativo che affiorerà verrà superato. L’Ayahuasca ti è restata nel cuore, lo vedo, devi solo aspettare il momento giusto per concederti questo viaggio.
Ecco che di nuovo mi veniva restituito il rito come un viaggio dentro se stessi e la propria vita, come un gesto di amore profondissimo, a cui affidarsi con pazienza, un momento di totale lucidità e presenza, uno strumento per amplificare energie ed emozioni, per raggiungere la consapevolezza che esistano altri strati della realtà.
Eppure le considerazioni, i commenti e le storie raccolte nel mio mondo, quello occidentale scettico, raccontano di traumi, sofferenze, viaggi senza ritorno, addirittura di morte. Ho capito però, con il tempo, che chiunque mi restituisse questa versione dei fatti aveva compiuto il rituale per curiosità, prendendolo come un’attività ludica o ricreativa, e quindi soccombendo e spaventandosi davanti ai suoi effetti che di divertente hanno ben poco.
L’assunzione del decotto comporta un processo di purificazione faticoso per il corpo che non riesce fin da subito a fare spazio alla pianta e alle sue energie, oppone resistenza, da qui gli effetti quasi inevitabili del vomito e della dissenteria; anche la mente ha bisogno di tempo per abituarsi, per questo durante una cerimonia la toma (bevuta) si ripete, permettendo al cervello di fare ogni volta un passo in avanti, fino a che le visioni si possano toccare con mano, in un “sogno ad occhi aperti”.
Molti restituiscono un ricordo confuso e spiacevole della prima toma perché la mente, come il corpo, butta fuori ciò che la intossica e non è facile, però la sensazione di totale consapevolezza e purificazione aumenta e perdura nel tempo. Si tratta di un risveglio. Ecco spiegato perché prendere la Cerimonia dell’Ayahuasca come un’attività ludica, da cui tornare “guariti” o allucinati, sia assolutamente errato; si tratta di un rituale da compiere in un contesto controllato.
La preparazione del decotto richiede una connessione alla Natura che solo l’Amazzonia può permettere e un’esperienza che risiede nel bagaglio dei millenni di storia tramandati di generazione in generazione dai curanderos (guaritori). Per questo si consiglia di farlo in un luogo legato alla natura della pianta e solo sotto la guida di uno sciamano, l’unico in grado di condurre il viaggio controllando le visioni con la musica (canti e tamburi) e il fumo.
Anche la preparazione fisica è importante. Nei giorni precedenti è infatti necessario astenersi dal mangiare carne e pesce, bere alcool e caffè. Il corpo e soprattutto l’intestino devono essere il più puliti possibile, pronti ad accogliere la pianta, leggeri e reattivi per compiere la danza tra il volerla trattenere e il desiderio di espellerla.
Per tutte queste ragioni è assolutamente sconsigliato affidarsi a coloro che propongono corsi e rituali in Europa, dove non c’è né tradizione, né conoscenza. Basti pensare che la sola pianta, per poter giungere fino a qui, deve compiere un viaggio così lungo che inevitabilmente la indebolisce energeticamente.
Anche in Sud America è bene diffidare da chi propone pacchetti turistici con rituale incluso. Un buon parametro per valutare se si tratta di una proposta seria o meno è il prezzo. Per una cerimonia autentica non dovrebbero chiedervi più di 15/20 dollari, dal momento che è una cosa che lo sciamano fa a prescindere da voi, con e per la sua comunità. Non è facile trovare informazioni attendibili in internet, la cosa migliore è raccoglierle in loco. Interessatevi soprattutto allo sciamano, al suo percorso e alla sua provenienza. I migliori vengono dall’Amazzonia e sono i discepoli di Taitan Querubin, lo sciamano colombiano più longevo. Assicuratevi anche che durante il rito siano presenti persone addette alla cura dei praticanti. talvolta ci sono anche medici, a garanzia di un contesto controllato e sicuro.
Questa ricerca preliminare rende ancora più complesso il tutto, ma è doverosa e necessaria, perché nulla di tutto ciò può avere a che fare con un piccolo divertimento durante un viaggio, non deve essere una distrazione e tanto meno un gioco. Non fatelo quindi per saziare una curiosità o per provare, affrontatelo solo con vero interesse, rispetto e fiducia. D’altro canto al cospetto di Madre Natura, accarezzati dai suoi capelli, l’ultima cosa che ci permetteremmo di fare è strapparglieli.
[alert type=”link” dismiss=”no”]Per approfondimenti:
BBC: Why do people take ayahuasca?
Science Direct: Ayahuasca: An ethnographic study
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