Taman Negara: la giungla primordiale della Malesia

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Il pulmino che roboante appare dalla ripida svolta risalendo verso la base del lodge è una specie di mini-van da otto posti il cui bagagliaio è compresso di zainoni da backpack. Gli ultimi due posti sono liberi per noi, appunto avendo prenotato questo passaggio direttamente dall’ostello di Kuala Lumpur.

Si tratta infatti di una compagnia di viaggi malese (anche se immagino dal nome, di proprietà cinese) che offre diversi servizi: dal tour completo di molte regioni, al pacchetto di una o più notti in diverse località in cui hanno strutture ricettive, al singolo spostamento in alcuni snodi turistici malesi. Questa soluzione ci è stata consigliata da una hostess dell’ostello Red Lantern nel quartiere cinese, la quale, come secondo lavoro organizza tour per la stessa agenzia. Un po’ titubanti ci siamo fatti spiegare nel dettaglio cosa avremmo trovato lungo la strada che dalle Cameron Highlands ci avrebbe condotto nel centro della Malesia fino a est. Alla fine, con due chiamate telefoniche, abbiamo prenotato pagando in contanti una quota alla hostess, questo passaggio già organizzato anche per altri turisti per raggiungere il Taman Negara National Park, il parco naturale per eccellenza in Malesia che custodisce flora e fauna tra i più antichi del pianeta.

Ecco quindi che in due ore e poco più di strada statale immacolata che serpeggia giù dall’altopiano fino a una pianura lussureggiante di foresta vergine e palmeti, arriviamo a uno spiazzo alla confluenza di due anse di un fiume limaccioso, che scopriamo dare il nome al parco naturale. Poco sopra il livello del fiume verso il quale si discende con una ripida scalinata di pietra, è stata costruita una struttura ricettiva brulicante di turisti, una specie di sala d’attesa di una stazione, in cui si attende seduti o in fila, sotto delle pale a soffitto che danno un po’ di refrigerio, il proprio turno per pagare il saldo del tour e/o organizzare la continuazione. Il tutto sorprendentemente con una serenità ed una efficienza d’altri tempi: elenchi scritti a mano da verificare, pass ed ingressi stampati su foglietti volanti, saldi da stornare in contanti, indicazioni e rassicurazioni a voce per dire “andrà tutto bene!”. In circa 15 minuti di burocrazia e sorrisi riceviamo in mano nell’ordine: un buono pasto per il pranzo cucinato al momento presso la mensa poco distante, i biglietti a/r per il viaggio in barca lungo il fiume per raggiungere il resort all’ingresso del parco, i pass per il parco e le attività all’interno, il biglietto per il pulmino che dal parco ci porterà sulla costa est, in un villaggio di pescatori da dove partono le navi per le isole Perhentian (la seconda parte del nostro viaggio) ed i relativi spostamenti organizzati a cuor leggero, per poco più di 200 € a testa.

Ancora sbigottiti da quanto appena accaduto gustiamo un piatto casalingo di riso al curry cucinato da due anziane in un cucinotto a vista poco distante, dopo aver consegnato la prima parte del blocco di tickets cartacei in mano ad un anziano cameriere che con flemma seleziona quelli che gli interessano per poter consegnarci con estrema efficienza delle bibite ghiacciate. Passiamo un’ora circa all’ombra di un albero di rambutan osservando il lento fluire dell’acqua nei vortici marroni ed i tronchi semi sommersi che appaiono ogni tanto, fino a quando la barchetta alla quale siamo stati associati come bagaglio umano accosta con leggerezza al pontile di legno e, sbrigate le manovre di carico, ci distacca nuovamente ad incontrare l’antica corrente di questo enorme fiume tropicale.

L’esperienza di stare acquattati per tre ore su un cuscino sul fondo di legno tropicale in un metro quadrato circa di spazio a 30 cm sopra il livello dell’acqua, affidati alla guida “intuitiva” di un abitante della giungla in jeans e maglietta punk che si accende una sigaretta ogni volta che schiva dei tronchi o supera delle correnti avverse, lungo un fiume che sembra non avere mai fine, osservando una foresta antica immaginandone i segreti e lasciando correre la fantasia sulle sponde fangose tra i rami della vegetazione intricata, forse vale tutto il viaggio in Malesia.

Arrivo a Taman Negara
© Thomas Ronchetti

L’approdo è ancora più entusiasmante: in un’ansa dove la corrente si esaurisce riparata da un isolotto sorgono diverse case di legno galleggianti ancorate a riva, ai piedi di un piccolo villaggio, Kampung Kuala Tahan, che nonostante abbia perso il suo aspetto tradizionale offre diverse soluzioni di vitto ed alloggio; sulla sponda opposta si stagliano dei loft di un villaggio turistico, il Mutiara Taman Negara Resort & Park, tra le piante altissime proprio all’inizio del parco naturale. Fanno la spola tra le due rive, distanti una cinquantina di metri, barchette ancora più sottili della nostra, condotte a turno dai locals che si alzano pigri dai bar galleggianti lì ormeggiati.

Raggiungiamo a piedi, sciogliendo gambe e schiena, il resort della società Han, Rainforest Resort, che è situato al limitare del paesino, dove arriva anche una strada extraurbana (alternativa civilmente noiosa della discesa del fiume), e qui, dopo aver consegnato altri due coupons, ci sistemiamo in una comoda stanza che dà sul giardino con bagno privato e aria condizionata.

ATTENZIONE: è possibile visitare il Taman Negara anche in autonomia presentandosi direttamente al centro informazioni del parco che si trova a Kuala Tahan (o a quello di Kuala Tembeling), dove pagherete RM1 per la tassa d’ingresso e RM5 per la licenza d’uso della macchina fotografica, e potrete organizzare trekking, anche più impegnativi, con guide locali spendendo meno. Per i trasporti ci si può affidare ai bus pubblici che effettuno corse regolari per/da Kuala Tahan, o al treno che raggiunge la stazione della vicina Jerantut, o ancora alla canoa che parte dal porticciolo di Kuala Tembeling.[/alert]

Passiamo le due giornate successive immersi nelle attività che si possono organizzare alla reception del resort, così come all’imbarcadero sul fiume: al mattino abbiamo preso una barca che ci ha condotto attraverso delle rapide ad un villaggio di “natty people” gente della foresta, che ci ha accolto e spiegato la loro vita nella foresta, con dimostrazioni di accensione del fuoco e uso della cerbottana. Nel pomeriggio abbiamo raggiunto a piedi un percorso tra gli alberi su funi e ponti tibetani insieme ad un ranger che ci ha parlato della flora e della fauna locale. La sera abbiamo partecipato ad un night safari a piedi armati di torce per osservare, sempre insieme al ranger, gli insetti ed altri piccoli animali che si attivano solo col buio.

I pasti consumati sui ristorantini galleggianti sono stati memorabili sia come quantità che per l’utilizzo di alcune verdure tipiche della foresta, unite ad un uso sapiente delle spezie. Da un lato l’atmosfera pacifica delle persone, il silenzio alternato ai rumori della giungla, il lento fluire costante dell’acqua e dall’altro un serrato programma di attività all’aria aperta ci hanno regalato dei giorni di relax totale, tanto che persino il clima caldo e umido si è rivelato in tutta la sua clemenza.

La mattina del terzo giorno un nuovo mini-van stracarico di zaini ci aspetta puntuale all’ingresso del resort, direzione costa est ed isole Perhentian.

[alert type=”success” dismiss=”no”]Il viaggio di Thomas in Malesia continua. Leggi l’articolo sulle isole Perhentian »[/alert]

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