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Il cielo sopra Berlino: immagini simbolo dalla città di ieri

Nel capolavoro di Wim Wenders due angeli osservano l’umanità che popola la Berlino ferita degli anni ottanta, vagano per le strade e i cieli della osservando la vita degli uomini

Articolo aggiornato il 31 gennaio 2018

Il cielo sopra Berlino, il film che nel 1987 vinse il premio per la migliore regia a Cannes, è una delle opere più poetiche di Wim Wenders. Trae ispirazione dalle poesie di Rainer Maria Rilke e racconta di due angeli, Damiel e Cassiel, che osservano l’umanità che popola la Berlino degli anni ottanta. Vagano per le strade e i cieli della capitale tedesca osservando la vita degli uomini e prendendo appunti su un piccolo taccuino. Quando si incontrano, si scambiano letture e riscontri, e finiscono per riflettere sul senso della vita umana e su ciò che forse manca alla vita degli angeli.

Berlino è raccontata non a partire da monumenti ed edifici storici, ma da chi la popola: uomini e donne, bambini e anziani di cui gli angeli ascoltano i pensieri. Mentre Damiel, reduce da uno spettacolo circense, rimane folgorato dalla bellezza di Marion, Cassiel segue gli sgoccioli di vita di un anziano signore alla ricerca di Potsdamer Platz che non sembra essere lì dove il vecchio ricordava. Egli la descrive come una piazza animata dove viaggiavano tram e uomini a cavallo e tenta di ritrovare l’antico Cafè Josty dove usava fermarsi a chiacchierare, ma del caffè pare non esserci traccia. Il Josty era un antico locale di Berlino situato nella sua piazza principale, punto di riferimento per gli artisti, chiuso nel 1930 e poi distrutto durante la guerra. Oggi, il locale omonimo si trova all’interno del moderno Sony Center, a 200 metri dalla collocazione originaria (Bahnhof Berlin Potsdamer Platz).

I personaggi si muovono in una Berlino grigia, fatta di strade indistinte e monumenti del passato come la Colonna della Vittoria (Großer Stern, Straße des 17. Juni), da cui i due angeli osservano la città, o la StaatsBibliothek di Hans Scharoun (Potsdamer Straße 33), dove si fermano ad ascoltare i pensieri delle persone. Sono pochissime le inquadrature che mostrano edifici storici, è così che Wenders sceglie di raccontare una città che, a seguito dell’olocausto e della sconfitta della seconda guerra mondiale, si fa emblema della crisi di identità di un popolo.

Potsdamer Platz, tanto cercata dall’anziano personaggio, appare come una terra di nessuno, abbandonata e sommersa dalla vegetazione. E’ spettato a Renzo Piano il compito di darle un nuovo volto e un assetto urbanistico decoroso attraverso un intervento di edilizia eccezionale. Potsdamer Platz è il più sorprendente esempio di come, negli anni Novanta, il rinnovamento urbano abbia potuto trasformare Berlino nella Nuova Berlino di oggi. Di fatto, la piazza non è una vera e propria piazza, ma una zona costituita da tre aree, note come Daimler City (1998), Sony Center (2000) e Besheim Centre (2004), che hanno letteralmente reinventato un terreno desolato dove fino al 1989 il Muro separava Berlino Est da Berlino Ovest. In una sequenza del film viene detto:

Berlino… In ogni caso non ci si può perdere, si arriva sempre al Muro.

Wenders riprende con insistenza sia le nude pareti grigie, sia quelle decorate dai graffiti. I bambini giocano a pallone contro di esso in una scena di questo capolavoro del cinema tedesco girato due anni prima della caduta. Oggi ne restano soltanto alcuni pezzi mentre un solco reca la traccia dell’intero perimetro.

Nel film sono mostrati i ruderi lasciati dalla guerra, le chiese, le case, la sterpaglia incurante. Negli anni ’20 l’Anhalter Bahnhof era una delle più grandi stazioni ferroviarie d’Europa; oggi è solo un rudere fatiscente definita nel film non come “la stazione dove si fermano i treni” ma come “la stazione dove si ferma la stazione”. Attualmente è in funzione solo come stazione sotterranea della S-Bahn.

E’ la Berlino dei luoghi dimenticati. Il regista mostra la propria predilezione per i vuoti e i luoghi non programmati, gli spazi lasciati aperti dalla guerra come fossero ferite. Quasi nessuno dei luoghi in cui sono state effettuate le riprese si è mantenuto intatto. Il film è, quindi, un archivio unico. Peter Falk, che nel film interpreta se stesso impegnato nelle riprese di un film a Berlino, a un certo punto dice:

Voglio avere un’aria anonima, voglio confondermi tra la folla

Sembra questo l’obiettivo del regista: descrivere la città attraverso gli sguardi persi e disorientati di chi la abita, senza focalizzarsi su luoghi specifici, ma riducendoli a sottoscala, cortili, strade desolate. La Berlino del film è una città ferita e sfigurata, privata della propria identità. Ben lontana dalla Berlino di oggi. Visitare la capitale tedesca oggi significa scoprire i luoghi che ha saputo reinventare e come ha scelto di raccontare quelli che testimoniano il passato, magari passando per la Porta di Brandeburgo, la Potsdamer Platz e la pista del Muro, ripensando a com’era pochi decenni or sono e dopo aver visto Il cielo sopra Berlino.

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