Torres del Paine, nel cuore della Patagonia cilena

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Ci eravamo lasciati sul piccolo bus locale che porta all’ingresso del Parque Nacional Torres del Paine. Prima informazione utile, il Parco è tutelato molto e bene, e i 30 euro circa per l’ingresso non sono nulla rispetto alle meraviglie all’interno, quindi fidatevi, sono soldi ben spesi che vanno a rinforzare tutte le misure e le attenzioni messe in atto dai cileni per preservare questi interminabili scorci di natura.

Patagonia cilena

Torres del Paine ha un’estensione di 181.000 ettari, e per i viaggiatori e appassionati di cammino che passano di lì offre tante e diverse possibilità, tra cui i numerosi circuiti che contemplano da una passeggiata di una giornata all’intera esplorazione del parco:

  • Pingo-Zapata: 18 km fino al ghiacciaio Zapata
  • Paine: da 7 a 10 giorni di cammino per esplorare tutti i più interessanti e spettacolari angoli del parco; è un circuito per il quale serve un minimo di resistenza e preparazione fisica o abitudine all’esercizio fisico
  • Glaciar Dickson: 2 giorni per arrivare a contemplare il ghiacciaio Dickson
  • Glaciar Grey-ventisquero Francés: due giorni tra ghiacciai e rifugi
  • Las Torres e Lago Paine: piccoli circuiti per godere della natura
  • Laguna verde: su e giù per le vette, per persone abituate a camminare in montagna

Viaggio nella Patagonia cilena

Queste sono solo alcune delle possibilità a cui aderire in totale libertà: il sottoscritto e le due compagne di viaggio puntano ad un giro di tre giorni che li porti a contatto con ghiacciai (lo Hielo Patagonico del sur, il terzo più grande al mondo), vette e laghi.

Altra premessa: ci sono all’interno del parco dei rifugi in cui dormire, ma costano tantissimo e vanno prenotati con mesi d’anticipo, da qui il consiglio di affittare una tenda e lanciarsi in un’esperienza tosta fisicamente, ma che vi porterà a dormire in mezzo alla natura o dove si ferma il cammino a causa dell’arrivo dell’oscurità. Se comunque optate per la soluzione più comoda, qui trovate i nomi dei rifugi.

Passiamo tre giorni tra colazione a base di caffè, müesli e latte in polvere, pranzi e cene con spaghetti pronti da scaldare, cioccolata e quel che è entrato nello zaino: si cammina in mezzo alle montagne con quel che si ha, si cerca di capire il tempo che verrà e sperando nel sole soprattutto per affrontare certi tratti di pensiero. Si sosta e si fanno incontri (a volte ripetuti) con le persone più interessanti del mondo, da viaggiatori 50enni esperti di vette a un giovane insegnante belga che mi offre in una serata stellata un goccio del suo rum portato dietro da Puerto Natales, che dopo 50 ore di cibi essenziali e piuttosto disgustosi suona come un dono incredibile, un viatico per passare una serata fantastica.

Così si vive a contatto con Torres del Paine, fino ad arrivare emozionati agli obiettivi che si erano prefissati con i piedi che dolgono e lo zaino che inizia a pesare: la possibilità di passare anche una settimana all’interno con circuiti sempre diversi per paesaggi, difficoltà e altitudini è una possibilità incredibile, i tempi e anche le previsioni di resistenza dopo qualche mese di viaggio mi fanno propendere per tre giorni, 72 ore, 4.320 minuti di pura fatica, pace, silenzio, dialoghi e sorrisi.

Quando arriviamo alla fine del nostro percorso siamo felici, stanchissimi e desiderosi di una mega mangiata e scorpacciata di qualcosa il più lontano possibile dai cibi in scatola: dopo qualche ora svaccati sui prati prendiamo il pulmino che ci riporta a Puerto Natales, dove ci attendono una serata di relax e cibo e un letto, dopo tre giorni di ruvido suolo. E’ stato molto faticoso, è stato veramente bello.

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