Alpe Veglia, il lato selvaggio del Piemonte

L’Alpe Veglia insieme all’Alpe Devero forma un affascinante Parco Naturale in Val Divedro, il cuore dell’Ossolano più selvaggio e intatto. Già l’avvicinamento non è dei più semplici, la strada è stretta e tortuosa, e arrivarci con i mezzi pubblici riesce a rendere in pieno il sapore di un’avventura dei tempi andati.
Ma è nella difficoltà che si nasconde il fascino di una zona che nonostante l’arrivo dell’era sciistica ha saputo mantenere un’aria “selvaggia” e unica.

[alert type=”danger” dismiss=”no”]Il nostro consiglio per dormire. Nei pressi dalla borgata San Domenico, l’Hotel La Vetta[/alert]

Salita all’Alpe Veglia

Si potrebbe salire dalla borgata San Domenico a piedi, ma preferiamo effettuare un percorso ad anello, di grande fascino, e quindi eccoci in coda per prendere la seggiovia. Anzi: le seggiovie. Sono ben due i tratti da affrontare per salire dai 1420 metri di altitudine di San Domenico ai 1936 metri dell’Alpe Ciamporino, con un cambio strategico a Casa Rossa. Lo sbalzo repentino toglie il fiato, dai pascoli il panorama che si offre è una una meraviglia. Ma siamo qui per camminare.

Scesi dalla seggiovia ci incamminiamo verso l’impianto seguente per prendere, appena prima di questo, la traccia sulla sinistra che attraversa il prato (pietra bianca di riferimento) per passare sotto i cavi di un’altra seggiovia e imboccare il sentiero ora ben evidente (cartello bianco/rosso “Alpe Veglia”).

Inizialmente si scende un poco per poi alternare tratti di salita a zone pianeggianti percorrendo un panoramico sentiero-balcone affacciato sulla sottostante Val Cairasca, lungo la quale si può distinguere molto bene la strada che si percorrerà poi in discesa. Una strada che osservata da qui, ha un qualcosa di impressionante per la ripidezza e per la capacità di lambire precipizi e orridi, soprattutto se capita di vedere una delle rarissime auto (autorizzate) che la percorrono.

Il sentiero presenta a volte alcuni tratti un poco esposti, mai veramente pericolosi ma si deve prestare attenzione ai piccoli escursionisti più esuberanti. Vi sono alcune catene anche se non sono strettamente necessarie con tempo asciutto e servono a rendere il tutto più appassionante.
Dopo un inizio altalenante ma tutto sommato graduale, il sentiero diventa più ripido passando tra le rocce per superare un primo spallone dove si tocca la quota più elevata. Quindi si pianifica nuovamente per poi risalire con un ultimo strappetto che porta a scollinare in vista di un dosso facilmente raggiungibile e dominato da una croce da cui si apre il panorama più ampio e bello, con il Monte Leone (3552 m.) di fronte, sul confine con la Svizzera. Il posto perfetto per una merenda osservando il mondo attorno e, a seconda dei casi, sentirsi dominatori o piccole formiche.

Montagne italiane
Foto di Franco Voglino (CC BY-NC)

Accompagnati da alcuni pannelli che illustrano la flora del parco, un’ottima scusa per tirare il fiato e ammirare il panorama, si percorre un tratto del Sentiero dei Fiori lungo un tracciato che inizialmente si snoda a brevi sali-e-scendi per poi precipitare in mezzo al bosco in modo abbastanza ripido. Si raggiunge così la prima delle borgate dell’Alpe Veglia: La Balma, con belle casette sparse sui prati. Superato il guado sul Rio La Balma, ed il primo gruppo di case, si tiene la destra per poi abbandonare la sterrata (cartello “Alpe Veglia”) e seguire il sentiero sulla destra che porta in un fatato tratto boscoso assai suggestivo e all’attraversamento del Rio Frua su un ponticello di legno, inserito su una gola incassata, poco a monte della cascata. Pochi passi e si arriva all’Alpe Veglia vera e propria, nei pressi del Rifugio CAI Città di Arona (1770 m.). Una breve discesa porta in prossimità dell’Albergo Lepontino, in località Cornù (1755 m.), dove vengono sfornate ottime torte cui è impossibile resistere ed è giocoforza fermarsi sulla panoramica terrazza.

Discesa dall’Alpe Veglia

Prima o poi i dolci finiscono come pure il tempo a disposizione e si deve cominciare il ritorno. Dal balcone dell’Albergo si scende sulla sterrata sottostante per proseguire verso destra verso il resto della borgata Cornù (fontana). Ci si tiene sempre sulla sterrata che compie un’ampia curva verso sinistra cominciando ad attraversare l’ampio e rilassante pianoro superando il Rio Mottiscia e passando poco a valle della borgata Isola. Superato anche il Torrente Cairasca nei pressi della borgata Ponte si piega decisamente a sinistra percorrendo il piacevole pianoro poco a valle della borgata Aione. Il passo si fa rilassato, l’ambiente bucolico invoglia a rallentare e respirare a pieni polmoni. Appena dopo il successivo, ampio Rio delle Streghe, nei pressi di un imponente e isolato larice, si trova un’Area Archeologica, un sito dove a partire dal 1986 gli scavi effettuati hanno portato alla luce i resti di un accampamento nomade del mesolitico del VIII-VII millennio a.C. con il ritrovamento di manufatti di cristallo e selce (raschiatoi, bulini e resti vari; non che il sito sia così evidente, trattandosi di un Parco Naturale, e zona di pascoli, ad ogni campagna di scavo è seguita un’accurata ricopertura del sito con le zolle originarie, così da non alterare il paesaggio).

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trekking Piemonte
Foto di Franco Voglino (CC BY-NC)

Si sfiora la borgata di Cianciavero passando accanto all’oratorio di San Giacomo e superando il Rio Cianciavero entrando nuovamente nel bosco. Superata l’azienda agricola dove si possono acquistare prodotti locali come il miele, la strada prende a scendere in modo deciso e continuo. Forse la sterrata può apparire un poco noiosa, ma la vista che si ha a tratti sulla sottostante gola rende più interessante la passeggiata (o terrificante?). Soprattutto dopo la cappella del Groppallo (XVI sec.) la strada scende ripida con alcuni tornanti. Giunti quasi in piano è possibile abbreviare il tracciato prendendo, appena dopo la sbarra che limita l’accesso alle auto, il sentiero a sinistra (cartello) che taglia l’ampia curva e porta direttamente a Ponte Campo, al ponte sul torrente Cairasca. Da qui si deve per forza percorrere un ultimo tratto su asfalto senza storia, in salita, che porta alla borgata di San Domenico e alla chiusura dell’itinerario.

Note tecniche. Dislivello 200 m. in salita, -700 m. in discesa; distanza 12 km totali; tempo di percorrenza al netto delle soste 2 ore e 30 minuti dall’Alpe Ciamporino all’Alpe Veglia; 2 ore e 30 minuti dall’Alpe Veglia a San Domenico; segnaletica cartelli “Alpe Veglia F50” e segni bianco/rossi.
Escursione abbastanza lunga, consigliata per la bellezza degli ambienti ma adatta solo a bambini più grandi per via dei tratti un poco esposti dopo Alpe Ciamporino. Non adatta a zainetti porta-bimbi non solo per via dei suddetti tratti esposti ma anche per la difficoltà nel prendere la seggiovia.

Come arrivare. In auto: 26 km a nord di Domodossola. Si percorre la SS33 direzione “Sempione” e “Confine di Stato”, dopo l’uscita “Varzo Sud” seguire cartelli blu per “Varzo”e subito dopo cartelli marrone “San Domenico”. Strada abbastanza stretta e tortuosa negli ultimi 11 km. Trattandosi di una stazione sciistica, vi sono diversi parcheggi all’aperto e al coperto. In autobus: linea 54 Domodossola-Iselle fino a Varzo FS, quindi Servizio ProntoBus Varzo-Trasquera-San Domenico (in funzione con gli impianti aperti – tel. +39(0)338.8780386). In treno: linea Domodossola-Briga, stazione di Varzo.
Impianti di risalita: www.sandomenicoski.com

Trekking con bambini (grandi)
Foto di Franco Voglino (CC BY-NC)
Destinazione: