A Pristina c’è il nuovo Kosovo che si affaccia al mondo

Sono passati esattamente vent’anni da quando la NATO decise di intervenire nella guerra del Kosovo, bombardando la Serbia per far cessare la pulizia etnica e le violenze sulla popolazione di etnia albanese. Era l’anno 1999, e il presidente serbo Slobodan Milošević non voleva assolutamente cedere quella che i nazionalisti serbi considerano la “culla” della loro nazione. Undici anni fa il 17 febbraio 2008, fu proclamata l’indipendenza del Kosovo e la nascita di un nuovo stato, mai riconosciuto dalla Serbia che continua a rivendicare la sovranità sulla sua ex provincia.

La lettura di articoli di giornale e di qualcuno dei libri dello scrittore albanese Ismaíl Kadaré, unita all’eco delle notizie dei telegiornali visti da bambina, sono stati le basi su cui è nato questo breve viaggio in Kosovo, dopo alcune settimane trascorse in Serbia e in Bosnia. Nonostante la raccolta di informazioni prima di partire, la sensazione principale è stata quella di non sapere esattamente cosa aspettasse me e il mio compagno di viaggio una volta arrivati alla frontiera.

Arrivo a Pristina

Non è facile arrivare a Pristina, la capitale del Kosovo. Poiché dall’Italia non esistono voli diretti, ci sono due possibilità. La prima è quella di entrare dal confine albanese, con l’accortezza, però, di non provare a entrare in Serbia subito dopo. Alla frontiera serba, infatti, se non trovano il timbro serbo sul passaporto, ma solamente quello kosovaro, non vi lasceranno passare.

Il nostro viaggio è cominciato dalla Serbia, dalla città meridionale di Niš, dove atterrano i voli di Ryanair provenienti da Bergamo – Orio al Serio. Su internet, in maniera confusa, fra siti con orari sbagliati e consigli nei forum, siamo riusciti a scoprire che esiste una compagnia di autobus che fa il breve viaggio dalla cittadina serba fino alla capitale kosovara. Tuttavia, il bus della compagnia Adio Tours è diretto a Gračanica, una piccola cittadina a maggioranza serba a pochi chilometri da Pristina. Una volta saliti sul mezzo è necessario chiedere espressamente all’autista di fermarsi nella capitale. Il bus ci impiega ben tre ore e mezza per fare 130 chilometri, dondolando pigramente fra strade secondarie piene di buche. Le fermate continue, fra il salire e scendere di altri passeggeri e qualche sosta per acquisti, fanno il resto.

Pristina, Kosova Republike
Pristina, Kosova Republike

La dogana (prima quella serba e poi quella kosovara) traccia una linea ben marcata fra i due territori, e non solo dal punto di vista giuridico. Le casette basse sparse per le montagne presto lasciano spazio a un’immensa pianura fertile da cui emerge un paesaggio familiare a chi è stato in Albania: costruzioni disordinate e a più piani lungo le strade, piccole imprese, bar, grandi benzinai e ancora qualche strada in via di costruzione.

Appena entrati a Pristina, invece, la prima cosa che ci colpisce è la grande quantità di edifici alti e moderni, risultato di una crescita rapida e caotica. Lo sguardo si sposta poi verso il basso per cercare di decifrare un traffico incomprensibile, paragonabile solo a quello di Tirana. L’autobus ci lascia sul ciglio di una grande strada trafficata a pochi metri dalla stazione degli autobus, a cui però non accede, deciso a continuare il suo cammino verso Gračanica. Decidiamo che l’opzione migliore è fermare un taxi per strada che, a zig zag e incastrandosi a tetris fra gli altri veicoli, ci lascia a pochi passi dell’albergo, nel centro di Pristina.

Cosa vedere e cosa fare a Pristina

Dopo la levataccia della mattina per prendere il bus, con l’incertezza del viaggio, lo stomaco impone una sosta in uno dei bar più raccomandati, il Soma Book Station. Si tratta di un ampio locale a cui si accede da un altrettanto spazioso giardino. La maggior parte dei clienti sembrano stranieri e lo dimostrano anche i prezzi del caffè, simili a quelli di altri paesi europei. Questo bar, infatti, si trova a pochi passi dalla sede del Governo e degli uffici dell’Unione Europa.

Pristina, Soma Book
Pristina, Soma Book

Dopo la pausa, lasciamo la Pristina più internazionale per andare verso il centro storico della città. All’improvviso, gli edifici alti lasciano un po’ di respiro alle case basse, alcune in stile ottomano, superate in altezza dai minareti delle moschee e dalla Torre dell’Orologio (Sahat Kulla), uno dei simboli della vecchia Pristina.

Ci lasciamo alle spalle il grande palazzo color ocra in stile austro-ungarico che ospita il Museo nazionale del Kosovo, per visitare solamente una parte di esso, il Museo Etnologico. È una vecchia casa ottomana che testimonia, con le sue pareti bianche e le sue travi di legno, la storia di Pristina dal XVIII secolo. Ad accoglierci un gruppo di bambini che gioca con un pallone, utilizzando il muro d’entrata come porta, immediatamente incuriositi dal nostro arrivo. Non è raro vedere gruppi di bambini e giovani per le strade di Pristina e del Kosovo, visto che il paese è il più giovane d’Europa con oltre metà della popolazione sotto i 25 anni.

Il secondo ad accoglierci, sotto l’ombra di un’altra casa ottomana in costruzione, è la guida del museo, un antropologo dalla parlantina e dalla battuta facile. Entrati nell’edificio ci mostra le stanze della casa ottomana, simile a quelle che si possono ammirare in Bosnia, e ci riassume rapidamente il passato e il presente della città, ci riferisce sulla vita notturna di Pristina a racconta ciò che ricorda della guerra. E’ un ottimo modo per scoprire, nelle vecchie stanze del museo, lo spirito di Pristina, una città con una grande voglia di affacciarsi al mondo.

Bambini giocando nel centro storico di Pristina
Bambini giocando nel centro storico di Pristina

La visita alla zona vecchia trasmette la sensazione di essere in un paese più che in una città. A rafforzare questa percezione è il mercato. Si può trovare di tutto, dalle fragole ai cucchiai di legno e anche le onnipresenti sigarette, ben ordinate sugli scaffali di legno. Gli scheletri di alcuni edifici circostanti servono per lo più per parcheggiare l’auto o per ammassare le cassette della frutta o di altri prodotti, mentre qualcuno, come succede spesso, si riposa su sgabelli improvvisati per prendersi l’amato caffè.

L’ora di pranzo è un momento di relax anche per gli studenti che, a pochi passi dall’orologio vecchio, invadono letteralmente le strade, bloccando ancor di più il traffico, ascoltando musica a tutto volume, fumando una sigaretta con spavalderia o affollando i caffè vicini, con grande stupore e pazienza di chi era intento a fare una pausa tranquilla. Riusciamo ad accaparrarci un posto al sole all’Espresso Café, molto meno pretenzioso e internazionale, e più economico della caffetteria precedente, ma anche molto più rumoroso.

Prima di visitare la moschea principale della città, proviamo uno dei ristoranti più raccomandati di Pristina, il Liburnia. È un locale molto ampio situato in un edificio antico e decorato con cura. Anche in questo caso, è un ristorante che mostra un’altra faccia, opposta a quella dei bar decadenti lungo le strade del centro storico, con gli onnipresenti clienti che danno le spalle al muro per non perdersi tutto ciò che succede in strada. Nonostante ciò, il menù offre piatti tradizionali, come l’agnello con salsa di formaggio e le tenerissime qofte con salsa di funghi.

Ristorante Liburnia a Pristina
Ristorante Liburnia a Pristina

Nel silenzio soleggiato del primo pomeriggio, la visita continua con la Moschea Xhamia e Mbretit, la più grande e storica di Pristina, più volta sottoposta a ristrutturazione nel corso dei secoli. Il suo giardino tranquillo invita i fedeli e i visitatori ad accedere al tempio colorato con motivi floreali, il cui tempo, estraneo al traffico della città, viene scandito dal rumore del pendolo e dal canto del muezzin.

Se si lascia alle spalle la zona più vecchia di Pristina, la città si apre sull’anarchia dei grandi edifici alti del post-guerra o dell’epoca di Tito. Questo cuore politico e sociale della città inizia con la statua di Skanderbeg, uno degli eroi nazionali albanesi, e prosegue con il Bulevardi Nënë Tereza, una delle vie principali di Pristina, dove gruppi di ragazzi, anziani e famiglie passeggiano oziosamente scegliendo il prossimo bar in cui sedersi. Half & Half è uno di questi locali dove si può trascorrere il giorno o la notte mentre si assiste all’eterno passeggio della città. Il bar è arredato con tavoli in legno, pareti con mattoni a vista e luci che pendono dal soffitto, come molti dei locali alla moda che si possono trovare in qualsiasi città europea.

Arrivati alla fine del Bulevardi Nënë Tereza, la strada sfocia in una grande piazza circondata da edifici alti, fra cui spicca il Grand Hotel Pristina. In uno degli spazi di questa ampia piazza spesso si possono vedere bambini che giocano a basket, a calcio o impennano sulla bici, sfidandosi fra loro.

Bambini giocando in una piazza centrale di Pristina
Bambini giocando in una piazza centrale di Pristina

Più avanti iniziano i grandi stradoni della Pristina risalenti al periodo del socialismo jugoslavo. Da una parte, si trova la Katedrala Majke Tereze, la nuova cattedrale cattolica dedicata a Madre Teresa e progettata dall’architetto italiano Livio Sterlicchio. La sua costruzione è cominciata circa un decennio fa, grazie all’aiuto delle donazioni provenienti da tutte le parti del mondo. Non possiamo accedere alla chiesa perché si sta celebrando la messa, anche se, le grandi vetrate dell’ingresso permettono di farsi un’idea di una chiesa romanica piuttosto semplice. Ci è stato consigliato, invece, anche se l’orario non lo ha permesso, di salire al campanile, che dà l’opportunità di osservare Pristina dall’alto.

Schivando il traffico per attraversare, dall’altra parte della strada si può accedere alla zone delle facoltà dell’Università di Pristina, dove si trova uno dei monumenti più fotografati ma anche più criticati della città, la Biblioteka kombëtare Pjetër Bogdani. Questo edificio culturale è ingabbiato in un rovo di travi di metallo geometriche e di cupole bianche che creano un bizzarro edificio brutalista dell’epoca jugoslava, da cui difficilmente si riesce a staccare gli occhi, indecisi fra attrazione e repulsione.

A pochi metri da questo tempio del socialismo, con un grande prato pieno di erba e sterpaglie, si erge un altro simbolo della storia del Kosovo, la chiesa ortodossa di Cristo il Salvatore. La sua costruzione cominciò nei primi anni novanta, come simbolo del progetto politico di Milošević, e si è interrotta a causa dell’inizio della guerra in Kosovo nel ’99. Incompiuta e abbandonata, la chiesa continua a suscitare polemiche, fra chi vuole distruggerla, chi vuole terminare il progetto e chi vuole trasformarla. Nel frattempo, resta lì, in memoria di un tempo non
troppo lontano.

Dopo questo rapido giro per le diverse epoche della città, arriviamo a uno dei simboli principali della città, il NEWBORN. Si tratta semplicemente di una grande scritta che ha come obiettivo quello di commemorare l’indipendenza del Kosovo. Ogni anno, LE enormi lettere vengono ridipinte ogni 17 febbraio, seguendo una tematica diversa. Il NEWBORN è ormai una parte importante della città e si riempie di scritte a pennarello dei ragazzini, luogo di selfie e di bambini che si dondolano nelle cavità delle lettere, mentre un grande edificio dell’epoca comunista gli fa da sfondo.

Il monumento che ricorda l'indipendenza del Kosovo
Il monumento che ricorda l’indipendenza del Kosovo

Quando cala la notte, i tavoli dei bar del Bulevardi Nënë Tereza si svuotano delle famiglie, mentre la strada si riempie di gruppi di giovani che scelgono il locale successivo in cui trascorrere la serata. Noi decidiamo di provare un ristorante libanese, facendo uno strappo alla regola: dopo settimane passate fra Serbia, Bosnia per una volta non ci indirizziamo sulla cucina tradizionale balcanica. Il posto si chiama Baba Ganoush ed è un piccolo locale che si nasconde fra i palazzoni del centro. Il menù si basa essenzialmente su piccole meze, ossia piccole porzioni di cibo e salse, ma anche insalate, da condividere. Ogni tavolo si riempie di un’esplosione di spezie e ortaggi attorno a cui si riuniscono diversi gruppi di giovani.

Dopo il lungo viaggio in autobus, non riusciamo ad affacciarci propriamente alla notte di Pristina, però la sensazione è quella che duri a lungo e sia molto vissuta. Fra i locali più consigliati ci sono il Rockuzinë per gli amanti della musica rock, il Priview Bar, birreria con musica dal vivo, e il Crème de la Crème, bar per bere cocktail a prezzi molto convenienti.

Il giorno dopo, il nostro viaggio continua verso i monasteri ortodossi di Peć e di Dečani. Ma, prima di passare alla prossima puntata di questo viaggio, è necessario fare una precisazione per chi è a caccia di informazioni su come ritornare a Niš, viste le difficoltà con i mezzi di trasporto. Ci sono due autobus al giorno per poter ritornare nella cittadina serba, con la stessa compagnia. La fermata, proprio come all’andata, si trova sullo stradone della stazione degli autobus. Qui, bisogna aspettare un po’, fra la strada e il guardrail, che il bus proveniente da Gračanica passi a prendere al volo chi da Pristina vuole tornare verso Niš.

DOVE DORMIRE A PRISTINA

Sleep Inn Prishtina, appartamenti nuovi in pieno centro circa 25€ a notte per due.

Bambini giocando nel centro storico di Pristina
Bambini giocando nel centro storico di Pristina

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