Le isole Andamane sono un paradiso low cost nel golfo del Bengala, 150 miglia nautiche a ovest delle coste birmane. L’arcipelago è ricoperto da una vegetazione primitiva, da fiumi che seguono l’andamento delle correnti, un intrigo di dedali di stretti passaggi coperti dalle mangrovie.
Le ‘Maldive dei poveri’ promettono acque turchesi, fondali ricchi di pesci, coralli, e spiagge bianchissime, uno di quei luoghi ancora fuori dai circuiti del turismo di massa dove potresti tranquillamente decidere di passare il resto dei tuoi giorni.
Il governo indiano consente però la visita di una manciata delle circa duecento isole che compongono l’arcipelago: complessi scenari geopolitici, la questione della tutela dell’ecosistema naturale e soprattutto delle popolazioni aborigene, fanno sì che le Andamane possano essere raggiunte via nave o in aereo soltanto dalle principali città dell’India. Nonostante i cambiamenti demografici e la massiccia immigrazione avvenuta negli ultimi quarant’anni, queste isole sono il rifugio per alcuni “degli ultimi popoli del pianeta rimasti al neolitico”, come reclamizzano certe agenzie turistiche senza scrupoli che propongono illegalmente dei veri e propri safari umani in jeep o in battello.
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I Grandi Andamanesi, gli Onge, i misteriosi Sentinelesi e i fieri Jarawa sono gruppi etnici per statura e tratti somatici simili ai Pigmei africani: capelli crespi, un colore della pelle molto scuro e una statura media che difficilmente supera il metro e cinquanta, circostanza che ne fa presumere una più o meno diretta discendenza dai negrito della Malesia. Negrito che a loro volta discenderebbero da una migrazione dei popoli che vivevano nell’Africa orientale, avvenuta circa 60.000 anni fa, attraverso la penisola arabica, le coste dell’Oceano Indiano, e che raggiunse il sud-est asiatico, la Nuova Guinea e le Filippine, al termine di un percorso lungo 12.000 chilometri.
Gli aborigeni delle Andamane hanno vissuto praticamente isolati dal resto del mondo fino all’inizio dell’Ottocento quando i colonizzatori britannici scelsero questo remoto arcipelago per la costruzione di alcune colonie penali. Gli inglesi adottarono una politica di assimilazione pacifica e, quando necessario, organizzarono vere e proprie battute di caccia ai ‘selvaggi’ che attaccavano i coloni e saccheggiavano gli insediamenti con armi primitive. Furono malattie banali, contro le quali gli aborigeni non potevano nulla, a decretarne lo sterminio: i Jangil dell’isola di Rutland già negli anni trenta del secolo scorso erano ormai estinti; i Grandi Andamanesi, un tempo il gruppo più numeroso dell’arcipelago, furono quasi completamente spazzati via dalle guerre e dal morbillo. Oggi i pochi discendenti rimasti vivono in Strait Island e dipendono completamente dal governo indiano, che prese possesso formalmente dell’arcipelago al momento dell’indipendenza dagli inglesi.
Una sorte non troppo dissimile da quella dei circa cento Onge stanziati a nord dell’isola di Little Andaman, in quella che è soltanto una piccola porzione del loro territorio originario. Nel 2004 gli insediamenti degli Onge furono distrutti dal violento tsunami che devastò le coste di gran parte del sud-est asiatico, tuttavia neanche un singolo Onge perì: appena il mare cominciò a ritirarsi, come conseguenza del terremoto, gli anziani ordinarono a tutti i membri della tribù di dirigersi all’interno, rifacendosi a una storia tramandata da tempo immemore, secondo la quale quando la terra trema un grande muro d’acqua presto è destinato a travolgere le coste.
I Jarawa e soprattutto i Sentinelesi sono invece riusciti a conservare la loro libertà, grazie ad un’ostinata difesa dei territori di caccia e alla scelta di vivere il più possibile isolati nella foresta. Per decenni i Jarawa, scampati ai bombardamenti giapponesi nella seconda guerra mondiale e ad un possibile piano di assimilazione forzata negli anni Novanta, hanno attaccato occasionalmente posti di polizia e saccheggiato gli insediamenti degli immigrati venuti dall’India, costruendosi una fama di feroci primitivi. Soltanto un incidente apparentemente insignificante riuscì a metter fine a un secolo di animosità e violenza: la notte del 15 aprile 1996 Enmei, un ragazzino jarawa, inciampò in una radice, fratturandosi una gamba, mentre tentava con altri compagni di saccheggiare i banani di un contadino. L’indomani Enmei dolorante venne scortato dalla polizia all’ospedale e lì messo in una stanza sotto sorveglianza, con la televisione e tutti i comfort del caso. Dopo un iniziale periodo di disorientamento il ragazzo imparò un po’ di Hindi e anche ad apprezzare lo speziato cibo degli ‘inmei’, i civilizzati, a vestirsi e a usare il bagno; una volta ritrovata la libertà, Enmei raccontò la sua incredibile vicenda a tutta la sua gente, cosa che in seguito convinse i Jarawa a deporre le armi, aprendo un nuovo corso ai rapporti col mondo esterno.
Oggi la minaccia più grande al futuro dei circa quattrocento Jarawa rimasti è rappresentata dalla Andaman trunk road*, una strada costruita negli anni Settanta per collegare il capoluogo e principale porto dell’arcipelago Port Blair con la città a nord di Muyabander. Diversi video su youtube dimostrano come i Jarawa abbiano ormai imparato a esibirsi nel canto e nella danza per ottenere in cambio cibo e dolci dai finestrini dei mezzi dei viaggiatori. Bisogna considerare che la graduale dipendenza e la ricerca di fonti di cibo esterne rispetto a quelle disponibili nel proprio ambiente naturale è il primo passo di una parabola che ha già segnato il destino della maggior parte delle società di raccoglitori-cacciatori del pianeta.
Praticamente nulla si sa invece riguardo agli aborigeni nativi della piccola isola North Sentinel, quale sia il loro numero esatto, né tantomeno come questo popolo chiami se stesso. I Sentinelesi, probabilmente il popolo indigeno più isolato del pianeta, rappresenta una specie di miracolo antropologico del XXI secolo. Non tollerano che nessuno straniero si avvicini alle loro coste; tutte le spedizioni che a partire degli anni Sessanta hanno tentato di avvicinarsi all’isola sono sempre state accolte da grida minacciose e dalla possibilità di ritrovarsi sotto una pioggia di frecce e giavellotti. Nel 1974 un coraggioso gruppo di antropologi e documentaristi del National Geographic, scortati dalla polizia, riuscì ad avvicinarsi alla spiaggia e a lasciare noci di cocco, pentole e altri doni, ma il regista della troupe fu colpito alla coscia da una freccia. Meno fortunati sono stati i due pescatori capitati per errore sull’isola, immediatamente uccisi, mentre l’equipaggio di una nave cargo naufragata è stato evacuato urgentemente con l’elicottero.
Il governo indiano sembra aver oggi definitivamente abbandonato il progetto di avvicinare i Sentinelesi. Pesano le critiche dei gruppi che si battono per i diritti degli indigeni, l’oggettività dei possibili rischi sanitari e la riconsiderazione dell’idea stessa di familiarizzare e approcciare un popolo — che per di più ha vissuto in salute per decine di migliaia di anni — contro la sua volontà. Nel 2004 un elicottero sorvolò North Sentinel per capire se i suoi abitanti fossero o meno sopravvissuti al maremoto che aveva appena colpito le Andamane. Su una spiaggia un solitario uomo nudo prese la mira e scoccò una freccia contro l’equipaggio e il velivolo che gli si era avvicinato. Quelle fotografie fecero il giro del mondo, eppure non sono servite ad evitare la morte, avvenuta soltanto una settimana fa, di un ragazzo statunitense. John Allen Chau ha raggiunto North Sentinel a bordo di una canoa, riuscendo ad interagire con alcuni dei suoi misteriosi abitanti, ai quali forse il ragazzo voleva provare a predicare il cristianesimo. Difficilmente le circostanze del suo assassinio potranno essere precisate ma ancora una volta il messaggio è chiaro, i potenziali visitatori e avventurieri sono avvisati: i Sentinelesi vogliono continuare a restare isolati.
[alert type=”info” dismiss=”no”]Vuoi approfondire l’argomento? Ti suggeriamo i seguenti articoli:
– Sentinelese of the Andaman Islands. Atlas Obscura.
– Time ticking for India’s Jarawa tribe. Aljazeera.com.
– Human safaris may be banned, but still tourists flock to Andaman Islands. The Guardian.
– *Jarawas: India to reopen road through Andaman tribe’s area. BBC.com[/alert]