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Lombardia

A piedi sulla Via Francigena: da Pavia a Orio Litta

Tra le province di Pavia e Lodi, percorrendo a piedi la via Francigena si riscopre l’arte antica di viaggiare e il fascino di luoghi di un’Italia minore ricca di tesori sconosciuti.

Tappe: n°14 Pavia – Santa Cristina 28 km | n°15 Santa Cristina – Orio Litta 17 km.
Tempo impiegato: due giorni, circa 7 ore per la tappa n°14 | 5 ore per la tappa n°15 comprese le soste.

Tappa 14: Pavia – Santa Cristina

Raggiunta in treno Pavia alle 8.30 del mattino, ci dirigiamo verso il Ponte Coperto e seguiamo il percorso del Ticino rimanendo sul versante nord. Il paesaggio delle barche allineate e dei battelli attraccati sulla sponda opposta ci accompagna, finché incontriamo presto indicazioni della Via Francigena, sia sui cartelli stradali ben riconoscibili, sia su supporti meno convenzionali o sui pali lungo la strada, che ci portano ad attraversare il Naviglio Pavese.

Durante il cammino dovremo aguzzare la vista in alcune zone: benché i volontari ogni anno facciano un gran lavoro disseminando e cambiando adesivi e segnali lungo il percorso, qualche volta non saltano all’occhio nell’immediato. Soprattutto se la mente vaga nelle sue riflessioni. Passando per località Scarpone troviamo un altro cartello che ci indica un cammino che interseca la Francigena: la via degli Abati. Rientra nella lunga lista degli itinerari a piedi a noi sconosciuti – come tanti in Italia – e finisce nel nostro taccuino dei cammini da scoprire in futuro.

Pavia, il Ponte Coperto
Pavia, il Ponte Coperto | Luigi Rosa

Arriviamo alla Valle del Salimbene e raggiungiamo San Leonardo dove incrociamo la Chiesa dedicata al santo. La nostra direzione è Belgioioso, che raggiungiamo costeggiando campi coltivati e sorprendendoci delle dimensioni di certi fiori e arbusti selvatici. Roba che nel mio balcone raggiunge orgogliosamente i trenta centimetri, qui mi supera di diverse spanne. Superata la piccola chiesa sulla strada San Giacomo proseguiamo lungo la località di Santa Margherita, circondate dal frumento e dall’odore della terra. Raggiungiamo Belgioioso dove, dopo 4 ore e mezza di cammino, facciamo sosta nell’incantevole Giardino di Villa Trespi.

Questo piccolo gioiello in stile liberty a pochi passi dal Castello di Belgioioso è una sorpresa e una bella sosta tra i gigli, i bambini che giocano, i nonni che leggono il giornale e il maestoso platano, cantato da Foscolo, di cui oggi rimane il ceppo. Il Castello di Belgioioso purtroppo non è visitabile all’interno se non durante le manifestazioni che ospita, dunque ci accontentiamo di ammirarne gli esterni. Una breve passeggiata per il centro e finalmente il pranzo al sacco consumato di fronte alle antiche vestigia viscontee, complice il riparo degli alberi ed una panchina.

Ci rimettiamo in marcia alla volta della nostra prima tappa: per chi a questo punto non voglia strafare, nonostante la tappa successiva sia più breve, consigliamo di prendere il treno fino a Santa Cristina raggiungibile in 12 minuti dalla stazione di Belgioioso. Il tragitto a piedi continua lungo la provinciale fino al Comune di Costa de’ Nobili e prosegue fino a Santa Cristina lungo vie meno trafficate, se non da leprotti.

Arrivate a Santa Cristina cerchiamo subito il nostro ospitale – l’ostello Giovanni Paolo II – dove lasciare il nostro zaino, goderci una doccia e riposare un’oretta, prima di gironzolare per questo paese che par uscito da un’altra epoca. Qui impariamo la prima lezione relativa agli orari degli ospitali gestiti da religiosi: tra le 13.00 e le 15.30/16.00 è rischioso arrivare perché il parroco dopo pranzo generalmente caccia la pennica. Lo scopriamo grazie alla faccia assonnata di Don Antonio che con solerzia, e probabilmente un po’ di disappunto ben celato, ci apre il cancello e ci fa firmare il registro, dopo aver mostrato le nostre credenziali. Il primo timbro di questa parte di cammino è ora sui nostri passaporti. Due pellegrini ci hanno anticipato. Uno è spagnolo e per il fisico atletico sembra uscito dal Giro d’Italia, l’altro è un signore tedesco affabile: scambiamo due chiacchiere, ci raccontiamo i rispettivi obiettivi e i racconti della giornata.

Credenziale del Pellegrino - Via Francigena
Credenziale del Pellegrino | Ale Mad

Dopo un rapido check fisico e un cambio calzature, salutiamo Don Antonio che ci lascia la nostra chiave, usciamo per procacciarci il cibo per il giorno seguente e decidere dove mangiare la sera. Il piccolo alimentari ci fornisce viveri che conserveremo nel frigo messo a disposizione nella foresteria.

A poca distanza scoviamo il nucleo primitivo del borgo, Albareto detto il bareu, un gruppo di case probabilmente antecedente alla costruzione dell’abbazia. Sempre qui è ben segnalata la 40esima tappa di Sigerico, ovvero l’abbazia benedettina conosciuta come Collegio, di cui restano le vestigia del cenobio, e tracce dell’antica chiesa. Ora è proprietà privata, adibita ad alloggi e comprendente un ristorante. Poco più in là i bambini giocano nei giardinetti pubblici, gli anziani si affaccendano nelle aie o siedono fuori dai cortili aspettando sera. Un piatto semplice e caldo nella pizzeria – ristorante cinese ci rifocilla prima del tramonto.

Tappa 15: Santa Cristina – Orio Litta

La sveglia suona alle 6.15 e ci mettiamo in marcia rapidamente: un po’ di frutta e via. Anche se la tappa di oggi è una di quelle brevi, non vogliamo avere il sole a picco delle ore più calde. Percorriamo il perimetro di una risaia immersa nella foschia e nel silenzio e ci ritroviamo circondate dalle campagne di Inverno e Monteleone. Verso le 8.00 sostiamo per un caffè a Miradolo Terme e continuiamo per Camporinaldo. Dopo un’oretta circa, i nostri passi e pensieri vengono travolti da un profumo familiare, deciso e delicato allo stesso tempo. Distese di camomilla, madeleine che riportano alle sere d’inverno nell’abbraccio di nonna, accompagnano il sentiero in terra battuta che ci condurrà a Chignolo Po. Le prime balle di fieno punteggiano i campi insieme ai papaveri e ai fiori di campo.

Alle 9.30 il Castello di Chignolo è davanti a noi: ne percorriamo le mura ammirandone l’imponenza e immaginando la sua importanza quale fortezza di presidio sul Po nel periodo longobardo. Decidiamo di proseguire, visto che le visite guidate all’interno sono concentrate tra le 14.30 e le 17.00, puntando verso la frazione di Lambrinia che raggiungiamo dopo un’oretta e mezza. Passiamo la stazione e attraversiamo il Lambro: da qui iniziano i cartelli per Corte S. Andrea dove l’indomani guaderemo il Po.

Castello di Chignolo Po
Castello di Chignolo Po | Aleproale

Entriamo nelle campagne lodigiane e seguiamo l’argine segnato dalle pietre di marmo che ci indicano la via. Arriviamo ad una colonna in mattoni dove campeggia il pellegrino e posiamo gli zaini. Attorno a noi solo il cicaleccio di insetti e distese verdi macchiettate da rivoli d’acqua. Vediamo all’orizzonte Orio Litta e il suo campanile ci rincuora: il sole e l’umidità iniziano a farci desiderare un po’ di ristoro. Seguiamo le libellule lungo il canale e raggiungiamo l’abitato.

Passiamo per la chiesa e raggiungiamo alle 12.00 spaccate la Grangia Benedettina, il nostro meraviglioso ricovero per la notte. Siamo fortunate: abbiamo chiesto la stanza alta nella torretta dopo aver fatto un giro per il complesso e ci hanno accontentate. Non abbiamo preso in considerazione l’accidenti di cigolio che i pavimenti di splendide ma rumorose assi in legno producono, né la lontananza dai servizi igienici. Contiamo di dormire sodo.

L’edificio è davvero incantevole, i servizi e la cordialità unici. Sono il sindaco e un volontario ad accoglierci insieme a signore zelanti e affaccendate nella preparazione di un buffet dove chiunque è invitato: mentre apparecchiano ci raccontano della rassegna Vox Organi, dell’imminente visita guidata a Villa Litta Carini e dei suoi giardini che non possiamo perdere.

Incrociamo altri due pellegrini provenienti dalla Valle d’Aosta e dalla Francia. Li ritroveremo sicuramente più tardi al buffet. Mettiamo un carico in lavatrice (una benedizione) e mentre aspettiamo di poter stendere gli abiti per l’indomani, telefoniamo per concordare il transito del Po a tale Danilo Parisi, il traghettatore. Trattiamo sull’orario e iniziamo a dipingere nelle nostre menti questo personaggio di confine.

Da Santa Cristina a Orio Litta sulla Via Francigena
Via Francigena | Ale Mad

Verso le 15.30 ci uniamo alla visita di Villa Litta Carini (fine XVII secolo) che ci accoglie con passatoia rossa e un giardino arricchito da sculture moderne. Visitiamo gli interni delle sale al piano terra e prima di passare al piano superiore, utilizzato spesso per cerimonie, entriamo nel giardino posteriore. La facciata da questo lato è quasi diroccata ma ha un fascino irresistibile, regalato dal curatissimo giardino che si affaccia su distese di campi e di alberi a perdita d’occhio.

Usciamo dalla tenuta e gironzoliamo per il paese, scoprendo la bellissima piazzetta dietro la Grangia che con l’emblematico pellegrino ci ricorda che 575 chilometri ci separano da Roma. Appaghiamo le orecchie per un po’ con il concerto d’organo che si sta tenendo in chiesa, per poi unirci al buffet condiviso e piluccare ottime torte salate e crostate.

A Orio Litta ci sono due bar, uno accanto all’altro: insieme ad Alessandro e Frederick, questi i nomi dei due pellegrini, andiamo a prenderci una birra e ci scambiamo aneddoti sul cammino. Anche sulla fauna incontrata. C’è chi si vanta di aver immortalato una nutria. Entrambi non hanno prenotato il guado del Po per l’indomani, decidono di unirsi a noi. Unica perplessità: Alessandro viaggia su una fat-bike, meglio conosciuta come cicciabici, e non sappiamo con che tipo di imbarcazione arriverà il nostro nocchiere. Domani scopriremo se la nostra fiducia nelle abilità del traghettatore sono ben riposte.

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