Il cielo sopra Berlino è blu intenso in questi giorni d’estate. La luce decisa fa risaltare i colori dei castagni e degli altri alberi nella città più verde d’Europa. Città verde, biologica, tollerante, scazzata, solidale, libertaria ma anche tossica, disciplinata, grigio ghisa e spazzata dal vento gelido in inverno, menefreghista, immensa. Una città costruita per diventare una grande capitale che ha vissuto più volte da periferia dell’Europa. Una storia terribile che l’ha violentata, distrutta, divisa e poi ricostruita. Una città giovane già dai tempi un cui i tedeschi dell’ovest ci andavano per non fare il militare ed attirati dai sussidi del governo federale.
Multiculturale e multicentrica, Berlino è stato il mare in cui hanno sguazzato movimenti culturali di tendenza, rivolte giovanili, rivoluzioni socio-culturali. Berlino è oggi una città vibrante, eccitante che allo stesso tempo si adagia pigramente su se stessa e permette ritmi di vita molto rilassati, impensabili altrove. Ci si siede a bere o a mangiare in uno dei numerosi caffè a Prenzlauer Berg, a Frideriechshain o a Schoneberg e si ha la netta impressione che la gente si conosca, che i negozianti si facciano favori a vicenda. I bar, i mercati, le strade sono sempre piene, mai affollate. Si cammina con piacere, si gode della compagnia senza esserne asfissiati. E nello stesso caffè a bere la stessa birra siedono punk giovani e vecchi con creste colorate, metallari gotici in uniformi nere, pensionati, giovani famiglie con bambini piccoli, artisti, turisti, cani. Chiunque è a posto anche se fuori posto. Questa è l’unica regola di Berlino.
E quando cala la sera non c’è nulla di meglio per conoscere Berlino che percorrerla a piedi tenendo occhi, orecchie e narici ben aperte. La mia lunga e splendida passeggiata notturna inizia quando scendo dalla metropolitana a Warschauer Strasse. Attraverso un lungo ponte sul fiume e su un fiume di rotaie e treni. E’ buio e a Berlino di notte è veramente buio. Tranne che in pochissime zone l’illuminazione è scarsa. Molto presto l’occhio si abitua e comunque non si ha alcuna sensazione di insicurezza.
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Tutti camminano con una birra in mano, mi adeguo senza grossi problemi. Lascio il corso principale e mi immergo nelle strade di Friedrichshain, ex Berlino Est. La Simon Dach Strasse inizia con pochi locali molto alternativi. Subito una splendida videoteca con film veramente da tutto il mondo. Tre o quattro poltrone semi-sfondate sul marciapiede, clienti che si fermano a bere qualcosa con il titolare, che parlano di film portoghesi e coreani. Poi la strada si anima sempre di più. Una teoria di bar, ristoranti, locali. Odore di carne di maiale, di narghilé alla mela verde, di cucina indiana, di marijuana – soprattutto di marijuana. E’ uno dei cuori della vita universitaria e non solo. Mi fermo a mangiare qualcosa al Frittiersalon, poco più che un buco in cui preparano hamburger, currywurst, patatine, tutto fritto in grosse vasche di olio ma tutto rigorosamente biologico.
D’improvviso si sbuca sulla immensa e maestuosa Frankfurter Allee (che poi diventa Karl Marx Allee dopo Frankfurter Tor e finisce in Alexander Platz). Ci si ritrova in un posto a metà fra la Buenos Aires delle grandi Avenidas e Metropolis di Fritz Lang. Le dimensioni del viale, degli edifici, degli spazi sono enormi. Palazzi imponenti a destra e a sinistra, costruiti tutti con lo stesso stile architettonico socialista ma belli ed eleganti, non da periferia sovietica. E nei palazzi, che tutto sembrano tranne abitazioni private, non ci sta il Politburo o la Stasi o le grandi aziende ma ci vive la gente, famiglie, giovani. Le finestre altissime sono illuminate, aperte nel tepore della dolce notte agostana. Si sente musica, qualche festa e complice il traffico scarso e silenzioso perfino delle risate, voci di gente. Come in una cittadina di provincia.
Passo davanti al Kino International, il cinema più bello di Berlino e probabilmente del mondo. Una sala enorme, architettura socialista d’avanguardia con grandi vetrate molto kitsch e velluti rossi. E poi Alexanderplatz, il cui solo nome ha un potere evocativo immenso. La mia serata finisce sulla terrazza del Weekend, un locale al quindicesimo piano di un palazzo di Alex. Fosse a Milano o a Madrid ci sarebbe fuori la coda e tutti sindacherebbero sul tuo modo di vestire. Qui invece entri e ti godi in santa pace il tuo gin tonic ammirando la potenza della Frankfurter Tor di fronte alla quale sparisce perfino il pessimo sottofondo di musica house.
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