Chissà quante volte avrete sentito dire che è facile innamorarsi dell’India. Non ne sono così certa. Se non ci si rinchiude in un hotel da “mille e una notte”, se non ci si ripara dietro un tour organizzato, o un’auto privata e ristoranti di lusso, l’impatto con l’India può essere impressionante. Per strada la vita e la morte si rincorrono sotto gli occhi di tutti, come bambini che ingannano il tempo, i rumori e gli odori non danno tregua, animali e uomini vivono di quel poco che la strada ha da offrire. Ci si stanca in India, i mezzi pubblici spesso sono un disastro, i viaggi lunghi lasciano il segno, la gente ti assale continuamente perché ha fame e sa quello che tieni in tasca. È facile ammalarsi e devi spesso adattarti a mangiare quello che trovi che è molto diverso da ciò cui sei abituato. Capita, mentre sei lì, di sentire il desiderio di casa. E quando ritorni ti accorgi che l’India non ti lascia. Si appiccica sulla pelle, si insinua nella mente. Qualcosa è cambiato, non c’è da stupirsi, è quello che il viaggio di più bello può donare: un mutamento. Alla fine ci si accorge che, sì, ci si è innamorati. Ma che sia facile non direi. E quando ripenso a Jodhpur, un insieme di emozioni riaffiora e mi riempie d’improvviso. Il tintinnio dei bracciali di donne avvolte da colori travolgenti, mucche appollaiate in strada che ruminano pezzi di cartone e avanzi di pattume, motorini che sfrecciano strombazzando di continuo, il blu intenso dei vicoli stretti, le melodie che si diffondono da tempietti custoditi con cura, immagini di déi dalle mille braccia, profumo di incenso e polvere. In questo flusso i miei pensieri si fermano d’improvviso. Una su tutte è l’immagine di Jodhpur: all’imbrunire, quando il sole ancora illumina ma i colori si fanno tenui e rarefatti, la vista sui tetti piatti della città dove i bambini giocano con gli aquiloni, che sembra quasi che questa città blu la vogliano far volare via.

Ci arriviamo da Jaisalmer con uno dei tanti autobus pubblici che ogni giorno percorrono la tratta in circa 5 ore. Ci sistemiamo nella Yogi’s Guest House collocata in una tipica casa blu, la Rajpurohitji-ki-haveli vecchia di 500 anni, e partiamo con l’esplorazione del Mehrangarh, il forte che incombe imponente arroccato sul promonrtorio roccioso con cui sembra confondersi. A detta di molti è il forte più bello del Rajasthan con i suoi bastioni che arrivano a misurare 36 m d’altezza e i suoi sette portali, tra cui Jayapol l’entrata principale dove troverete la biglietteria, a testimonianza dei numerosi scontri che si tennero in passato. Ciascun portale infatti è un deterrente per gli invasori che si prevedeva potessero assalire il forte in groppa ad elefanti. All’interno è fatto di cortili e palazzi in mirabile stile rajput come il Palazzo del Piacere, il Palazzo dei Fiori con i suoi affreschi d’oro, il Palazzo della Perla con le pareti ricoperte di polvere di conchiglia, e lo zenana, l’ala riservata alle donne che osservavano la vita del palazzo da mura di pietra squisitamente intarsiate. In cima si gode di una splendida vista della città blu, in compagnia di imponenti cannoni di ferro.

Continuiamo la nostra esplorazione di Jodhpur immergendoci nell’indaco intenso della città vecchia, colore che un tempo serviva a identificare le case dei bramini, i membri della casta sacerdotale. Le tipiche case dalla forma cubica ammassate le une accanto alle altre all’interno della cinta muraria, si susseguono lungo viottoli stretti alternandosi a botteghe e piccoli tempietti fino al bazar di spezie e artigianato. Intorno alla torre dell’orologio si dipana il Sardar Market e a un chilometro dal forte c’è il bianco mausoleo Jaswant Thada, ideale per prendersi una pausa dal trambusto della città. Come d’altronde i giardini Umaid che ospitano uno zoo e il Sadar Government museum.
Escursione nei dintorn: Osiyan. Villaggio nel Deserto del Thar a 65 chilometri da Johdupr, lungo una delle due strade che porta a Jaisalmer. Disseminato di templi scolpiti e case blu, non è molto frequentato da turisti e prediletto dai pellegrini. Su una collina a 200 m dalla fermata dell’autobus, c’è il Sachiya Mata Tample, il tempio della madre della verità, la nona incarnazione della dea Durga. E a cinque minuti a piedi il Mahavira Temple.
Consigli di viaggio. Evitate di farvi condure direttamente in negozi ed hotel dalla gente del posto come i guidatori di risciò: molto probabilmente ricevono dai gestori laute commissioni.
Dove dormire a Johdpur. Oltre alla Yogi’s Guest House (€) dove abbiamo pernottato, consigliamo la Cosy Guest House (€) e, un po’ fuori città, in posizione tranquilla nel verde Devi Bhawan (€€€). Se invece volete letteralmente il palazzo del maharaja, optate per l’Umaid Bhawan Palace (€€€€), dove ancora vi risiede, in un’ala privata. Il lussuosissimo palazzo risale al 1929, si trova sulla sommità di una collina, ospita un museo e diversi ristoranti e giardini.

Dove mangiare a Jodhpur. Jharokha, il ristorante sulla terrazza dell’Hotel Haveli; On the rock, gestito dai proprietari dell’Ajit Bhawan; Indique sul tetto del Palace Haveli; e per cenare in uno scenario memorabile accomapagnati da musica e danze tradizionali, optate per il Mehran Terrace, in cima al forte Mehrangarh (è necessario prenotare – tel: 2548790). Per assistere a uno spettacolo potete andare anche al Sangeet Natak Akademi, l’accademia che ha lo scopo di preservare le arti tipiche e le tradizioni del Rajasthan.