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Le scale di Napoli, un trekking urbano alternativo

Si sa, l’antica, antichissima “Città Nuova” – come la chiamavano i Greci – va vista e rivista: perché appunto ogni volta vi sembrerà nuova.

Nonostante gli scempi perpetrati a tutti noi Italiani dalla criminale speculazione edilizia (orrore moderno toccato un po’ a tutto il Bel Paese, ma qui ancora più doloroso che altrove), la città di Pulcinella mantiene sempre la sua dolce bellezza – quel misto di voluttà morbida e agro liquore che lascia quasi inebriati. Come un babà, insomma.

Le cartoline le abbiamo viste tutti, le mete obbligate le conosciamo: i panorami da Posillipo, o’ Vomero, o’ Vesuvio, e il pino marittimo da mettere immancabilmente nell’angolo a destra – e il Maschio Angioino, naturalmente, e Piazza del Plebiscito, e o’ Munastiro ‘e Santa Chiara, e il Museo di Capodimonte con i tesori di ceramica…

Questa volta allora andiamo in cerca di luoghi meno comuni, itinerari meno scontati, approfittando della rinascita che la città finalmente sta conoscendo sotto le più recenti amministrazioni, tra le mille e mille e mille difficoltà tristemente note.

Le scale di Napoli
© Vincenzo Gravina

Diamo un’occhiata alle previsioni meteo per Napoli e quando in cielo splende il sole, percorriamo le scalinate. Lo sapevate che sono state recentemente riaperte, ripulite, risistemate? Anzi, lo sapevate che esistono delle strade, antiche, antichissime, lastricate e tortuose che risalgono le alture della città attraversando il centro storico e aprendosi a tratti su panorami da vertigine? Sono 135 scalinate e 69 gradonate, per l’esattezza: un vero e proprio percorso trekking urbano finalmente sottratto all’incuria e all’oblio. È la “città obliqua” di cui cantava Bennato.

C’è un Comitato di cittadini, dietro questo recupero, c’è il sostegno del FAI, ma ciononostante non ci sono ancora segnaletiche o cartelli, nemmeno una guida ufficiale: i percorsi, li dobbiamo un po’ scoprire a pezzi – ma vale la pena davvero dedicarci tutta una giornata.

C’è un libro fotografico che può aiutarci: Scorciatoie, si chiama, di Simone Florena, edizioni Tullio Pironti – ma c’è anche il sito del Comitato Scale di Napoli, che qui vi suggerisce tre percorsi con cui cominciare l’esplorazione di luoghi che le cartoline non vi fanno vedere, ma che, beffa della Storia, le guide straniere suggeriscono. E pensare che stiamo parlando di scorci addirittura usati come set cinematografici da gente come Vittorio De Sica (ad esempio, lo Scalone di Montesanto, ne Il Giudizio Universale).

scale Napoli - Pedamentina
© Nicola since 1972

Prendiamone una, quella più famosa che è anche la più lunga: 414 gradini tra Spaccanapoli e Vomero – il miglior esempio di cosa voglia dire guardare “i soliti posti” da un punto di vista insolito. Questo percorso è anche quello meglio recuperato: da Piazzale San Martino, su in collina, dove ovviamente si fa la solita foto sul golfo (ma il panorama spezza il cuore anche se è stato visto e rivisto), si scende prendendo la cosiddetta Pedamentina. All’inizio ci si fa strada tra cocci di bottiglia perché la sera, sulla terrazza di sopra, pare sia sport diffuso, tra teste più vuote delle bottiglie che si sono appena scolate, fare a gara a chi lancia più lontano: l’usanza è stata denunciata e ridenunciata dai cittadini del quartiere – vedremo. Ma intanto, arrivati al secondo tornante, le tracce dei cocci diradano e finalmente si gode il panorama.

Qui trovate anche un B&B, La Pedamentina, che vi consigliamo caldamente: il miglior nido alternativo che possiate trovare, nelle adiacenze della secentesca Certosa di San Martino.

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Da cui poi si scende per le Scale di Montesanto, fino a Via Pignasecca, poi Piazza Carità, poi Calata Trinità Maggiore, Piazza del Gesù e per raggiungere infine il cuore di Napoli, Spaccanapoli (che vista dall’alto sembra veramente spaccare in due la città: è l’antico asse viario tipico dell’urbanistica dei tempi dei Romani).

Ce ne sono altre, recuperate e non. A dire il vero, bisognerebbe caparbiamente percorrere anche quelle ancora in stato di abbandono, per sottrarre la bellezza al degrado – ad esempio Il Moiarello, che sale a Capodimonte dal Real Orto Botanico – ma cercate tra le iniziative del Comitato e unitevi ad una di esse, ‘ché l’unione fa la forza.

Per la cena, per fare gli originali, restiamo al Vomero: tra i migliori, non economico, il ristorante Amici Miei, in via Monte Di Dio, 77; tutt’altro clima e prezzi nella verace Pizzeria Gorizia, in Via Bernini 29, pizzaioli da generazioni.

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