Il nome di Sarajevo è rimasto impresso nella mente di chi ha studiato storia sui banchi di scuola. Come dimenticare, infatti, l’uccisione nel 1914 dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’impero austro-ungarico, che servì come scintilla per incendiare il mondo con la Grande Guerra? Decenni dopo, la storia di questa città si è riaffacciata drammaticamente sui nostri schermi televisivi durante la guerra in Bosnia, con un assedio durato più di tre anni, dal 1992 al 1996. Questi e altri eventi contribuiscono a richiamare viaggiatori di tutti i tipi, attirati anche dagli aspetti multiculturali che fanno di Sarajevo una porta fra oriente e occidente, con una gastronomia di sapori forti figlia della storia dei Balcani.
I quartieri storici
La zona in cui si riuniscono la maggior parte dei turisti che visitano Sarajevo, perché più storica e peculiare, è senza dubbio Baščaršija. Questo quartiere di origine ottomana era ed è un vero e proprio mercato a cielo aperto, dove si susseguono edifici bassi e una fitta rete di stradine e cortili. Iniziando dalla parte più orientale della città, il primo monumento che attira i turisti è il Comune (Vijećnica), quello che, prima della guerra in Bosnia, era la Biblioteca Nazionale, uno degli edifici simbolo e più martoriati dell’assedio di Sarajevo.
Prima di entrare nell’atmosfera vivace del quartiere ottomano, si può scendere in pochi minuti lungo il fiume Miljacka per guardare con i propri occhi proprio il famoso Ponte Latino dove, nelle vicinanze, Gavrilo Princip uccise Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia aprendo le porte alla prima guerra mondiale. Ritornando indietro, si può iniziare la scoperta di Baščaršija partendo dalla sua piazza principale, denominata “piazza dei piccioni”, e da Sebilj, una grande e storica fontana in legno del XVIII secolo. Qui si inizia ad assaporare, con e in tutti i sensi, l’atmosfera, a volte esuberante, con l’arrivo dei turisti e di sera, o rilassata, di mattina presto o di notte, di un quartiere che odora di ćevapi e di altri prodotti tipici, gastronomici e non, che si vendono per le sue strade.
Il cielo di Baščaršija si contraddistingue per i suoi minareti e la sua torre orologio (Sarajevska sahat-kula). Nel quartiere, invece, risuona costantemente un nome, quello di Gazi-Husrev Beg, governatore della Bosnia nel XVI secolo e fondatore degli edifici più importanti di questa zona di Sarajevo. Uno fra tutti è proprio la moschea di Gazi Husrev-beg, uno dei luoghi di culto più importanti per la città e per il turismo, anche se parte di questo edificio fu ricostruito in seguito agli attacchi ricevuti durante la guerra in Bosnia. Altri monumenti che, ancora oggi, testimoniano le opere di Gazi-Husrev Beg, sono la vicina madrasa (scuola) e il mercato coperto (bezistan) che ci trasporta, per un attimo e in versione ridotta, nell’atmosfera del Gran Bazar di Istanbul.
Proseguendo verso ovest, sulla strada Ferhadija, il passato ottomano si inizia a mescolare, piuttosto rapidamente, a un’altra epoca vissuta dagli abitanti di Sarajevo, quella austro-ungarica. Il cambiamento si nota immediatamente nelle costruzioni che si avvicendano sulla strada principale e i negozi che iniziano a mostrarsi sempre più moderni, ospitati in sontuosi palazzi dell’epoca. Fra gli altri edifici importanti in questa zona, troviamo quelli religiosi, che sono la testimonianza di quella che era, ed è tutt’oggi, il mix di culture della città. Qui, infatti, si trovano la Cattedrale del Sacro Cuore e la Sinagoga, che si affaccia sul fiume dall’inizio del secolo scorso. La Cattedrale Ortodossa, invece, si staglia su una piazza in cui è possibile ammirare la famosa e grande scacchiera di Sarajevo che viene presa di mira, da mattina a sera, dai giocatori della città.
Qui vicino è possibile fare una pausa nel mercato chiuso, dove trovare (e provare) tanti prodotti tipici, soprattutto a base di carne e formaggio. Se volete continuare a immergervi nella storia di Sarajevo potete visitare alcuni musei come il Muzej Sarajeva.
Sarajevo durante l’epoca di Tito
Priva del fascino orientale o signorile del quartiere ottomano o di quello austro-ungarico, c’è un’altra zona di Sarajevo che può attirare i visitatori più curiosi, quella dei quartieri costruiti durante l’era del maresciallo Tito. Due, in particolare, sono le zone possono essere d’interesse per chi è alla ricerca dell’architettura brutalista dell’epoca socialista e di quel ricordo che molti conservano della vecchia Jugoslavia: Ciglane e Grbavica.
Ciglane è un quartiere si trova a pochi minuti dal centro e che, ai suoi piedi, ospita il Pijaca Koševo-Ciglane, il mercato principale della zona che offre agli abitanti dalla frutta ai vestiti agli oggetti di seconda mano. Ciglane si stiracchia verso l’alto perché pare che gli edifici cerchino di scavalcarsi l’un l’altro. Per evitare le tante rampe di scale che portano alla sommità del quartiere, si può usare una vecchia funicolare che sembra aver lavorato instancabilmente negli ultimi decenni senza mai concedersi un po’ di sana ristrutturazione. Eppure, la bellezza del quartiere è tutta lì, nei suoi murales, negli edifici disposti come i piani di una torta nuziale e nella solitudine delle sue strade.
Grbavica, invece, è noto per essere uno dei quartieri a maggioranza serba che fu la frontiera nell’assedio di Sarajevo e dove si commisero grandi atrocità, finché fu abbandonato dall’esercito serbo alla fine della guerra, dopo essere messo a ferro e a fuoco. Qui, divenne altrettanto e tristemente famoso il mostro di Grbavica, Veselin Vlahović Batko, militare dell’esercito serbo bosniaco condannato per crimini contro l’umanità. Attualmente, pur restando, come in tutta Sarajevo, i segni di quel passato recente, Grabavica è un quartiere con edifici dell’epoca socialista in cui la vita sembra scorrere piuttosto tranquilla, così come scorre tranquillo e vicino il fiume Miljacka.
Dopo la morte di Tito Sarajevo fu al centro di un evento internazionale, i XIV Giochi olimpici invernali del 1984. A essere protagoniste furono specialmente le montagne che si affacciano e accerchiano la città, le stesse che qualche anno dopo sarebbero state le nemiche della popolazione locale e le alleate dell’esercito serbo. Prima, però, di essere lo scenario di torture e campi minati (non è consigliato uscire fuori dai percorsi tracciati), sono state un luogo di unione e celebrazione. Ora restano solo gli scheletri di ciò che furono quelle giornate. Fra le diverse strutture ancora in piedi o mezze distrutte, si trova la pista da bob sul monte Trebević in cui si può entrare per fare una camminata fra i boschi, fra i graffiti e fra i ricordi di come Sarajevo si spense per anni poco dopo le sue amate olimpiadi.
Le ferite della guerra e la resistenza
Non si può visitare Sarajevo senza rendersi conto di una strana malinconia che aleggia non solo a causa dei tanti passati che ha vissuto ma soprattutto per i tre anni in cui edifici e persone sono state il bersaglio dal fuoco dei cecchini. Alcuni dei segni dei colpi di mortaio si trovano ancora per le strade della città, evidenziati in rosso, con il nome di Rose di Sarajevo. Una, per esempio, si trova nel Pijaca Markale, il mercato colpito dai bombardamenti serbi per ben due volte, con un costo umano altissimo: il primo attacco avvenne nel ’94, l’altro nel 95, causando complessivamente più di 100 morti.
La guerra in Bosnia colpì duramente quella che era denominata la “Gerusalemme d’Europa” in cui convivevano diverse etnie e religioni. Il conflitto volle dire dividere non solo la città ma anche molte famiglie. Il risultato dell’assedio furono quasi 12.000 morti. Gli abitanti di Sarajevo venivano presi di mira dall’esercito serbo-bosniaco appostato sui palazzi e sulle montagne circostanti, rendendo celebre una strada della città, soprannominata Viale dei Cecchini, in cui si rischiava costantemente di essere presi di mira dai cecchini serbi.
Uno dei musei che racconta la storia di Sarajevo ma, più in generale, quella dei massacri compiuti durante la guerra in Bosnia è il Museum of Crimes Against Humanity and Genocide, un itinerario agghiacciante fra oggetti personali e storie delle vittime del conflitto e dei crimini commessi. Un altro elemento piuttosto caratteristico della Bosnia, insieme agli onnipresenti fori di proiettile in moltissimi edifici, sono i cimiteri in ricordo delle vittime. A Sarajevo, uno dei più conosciuti è il Kovači Memorial Cemetery, su una delle colline che portano ai quartieri più alti della città, cosparsa di lapidi bianche lunghe e sottili che ricordano molte delle vittime di quel terribile e interminabile accerchiamento.
La resistenza degli abitanti di Sarajevo è stata possibile anche grazie alla presenza del Tunel Spasa, una galleria che si trova a pochi passi dall’aeroporto e che, da qualche anno, è possibile visitare. Questo angusto percorso permetteva di collegare Sarajevo con altre zone del territorio bosniaco che non erano cadute in mano dell’esercito serbo, in modo tale da permettere un minimo di aiuti umanitari, di rifornimento di armi e anche qualche fuga.
Dove mangiare a Sarajevo
Dolma, klepe, stufato bosniaco… La gastronomia di Sarajevo, così come la stessa città, è composta da elementi provenienti da tutta la zona dei Balcani, con una speciale influenza della cultura turca. La zona ottomana, oltre ai suoi negozi di artigianato, offre possibilità infinite per fare un corso accelerato sulla gastronomia bosniaca. Uno dei più affollati, tanto da avere due sedi a poca distanza, è Cevabdzinica Zeljo, dove assaporare la morbidezza dei ćevapi (o ćevapčići), delle piccole polpette allungate e speziate, magari accompagnati dall’ayran, quello yogurt diluito e salato che tanto si usa in Turchia per accompagnare i pasti.
Che sia per un caffè o per mangiare o solo per curiosare, invece, è indispensabile passare per un luogo storico: Morica Han, l’unico caravanserraglio sopravvissuto a Sarajevo, un edificio che, in passato, serviva per accogliere i viaggiatori. Poco fuori dal centro storico, invece, è possibile gustare i deliziosi klepe, una sorta di ravioli ripieni, nel ristorante Avlija, un locale coloratissimo e pieno di cianfrusaglie.
Quando arriva il momento del dolce, a Baščaršija, fra gli sgabelli dei venditori che si prendono una pausa per il tè o il tradizionale caffè, potete occupare anche voi i cuscini del Baklava Shop dove scegliere fra tantissimi tipi di baklava, il famoso dolce turco che, in realtà, prevede una vasta gamma di piccoli dolcetti a base di miele e di pasta filo ripieni di frutta secca, come pistacchi e noci. Se volete provare qualcosa di ancora più orientale, lasciatevi conquistare dal kunafa, una piccola torta fatta di formaggio filante, fili di pasta e l’immancabile frutta secca, presso il Nablus Kunafa.
Dopo essere stati ammaliati dal rituale del caffè bosniaco (il kafa) e volete ritornare alla versione più occidentale, uno dei migliori caffè che potete trovare nel centro di Sarajevo, proprio di fronte alla Cattedrale ortodossa, si trova da EspressoLab, un grande spazio dove chiedere un cappuccino o un espresso preparati con cura. Čajdžinica Džirlo, invece, è il posto migliore per sorseggiare té e diverse infusioni ma anche il salep, una bevanda a base di latte e un tubero di un’orchidea selvatica che cresce in Turchia. Allontanandovi dal centro, è subito amarcord, con un po’ di ironia, se raggiungete il Café Tito. Nel quartiere di Grbavica, invece, il Vrt Caffe, è il posto giusto dove fare una comoda pausa, all’interno o all’esterno di questo bar dall’aria curata e moderna.
Vita notturna a Sarajevo
Un avviso è d’obbligo a chi si aspetta di prendere una birra in un locale qualsiasi della città. Non sempre Sarajevo, vista la preponderanza della religione islamica, si possono trovare alcolici in ogni bar e ristorante. In alternativa, è possibile trovare una birra analcolica o altre bevande con o senza caffeina e teina, se non volete restare svegli tutta la notte. Nel centro storico ottomano si susseguono i locali da cui escono nuvole di fumo provenienti dai narghilè, mentre all’esterno, delle specie di stufe si illuminano del rosso dei carboni utilizzati per fumare tabacco di diversi sapori. Un esempio su tutti è il Male Daire con sgabelli e tavoli bassi sparsi in una deliziosa piazzetta.
Per evitare di seguire solamente lo stereotipo dell’orientalismo, a pochi metri del centro, si possono trovare diversi locali più moderni come il City Pub, con musica dal vivo, o il Tesla Pub. Se invece, volete tornare alle atmosfere degli anni del socialismo, nello stile del già citato Caffè Tito, non potete perdervi il Kino Bosna: un cinema, chiamato “1° maggio” durante l’epoca dell’ex Jugoslavia, che mantiene la stessa struttura di allora, decadente e magica, soprattutto nei giorni più tranquilli. Durante la settimana, invece, si anima con eventi culturali e concerti di artisti locali e internazionali.
Esattamente dall’altra parte della città, sul Bastione Giallo (Žuta tabija) ci sono due bar che meritano una visita anche solo per il panorama. Uno è completamente all’aperto, attrezzato con un chiosco, panchine in legno e un’illuminazione originale, e si trova proprio sulla fortezza difensiva. A pochi metri dal bastione, invece, si trova il Caffè Kamarija, un locale ideale per la bella stagione, grazie allo spazio esterno attrezzato. Tuttavia anche l’interno, grazie alle vetrate, permette di assaporare il panorama sulla città, mentre il sole tramonta e la luce artificiale prende il sopravvento.
Dove dormire a Sarajevo
Se preferite una soluzione più economica, alloggiando presso una casa bosniaca, la Guest House Džemo è lieta di aprirvi le porte, sulle note del profumo di un ottimo caffè bosniaco. Se invece volete una alloggiare in una struttura alberghiera, l’ESHE Boutique Hotel può essere una scelta valida.
Come arrivare a Sarajevo
Dall’Italia, per ora, non esiste un volo diretto per Sarajevo. Per questo è necessario trovare una destinazione in cui fare scalo, che abbia un volo di connessione con la città bosniaca. In alternativa, se si sta viaggiando nelle zone confinanti con la Bosnia meglio collegate via aereo, ad esempio la città croata di Dubrovnik, è possibile arrivare a Sarajevo in bus o con un’auto a noleggio.
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