Percorriamo in treno i 550km che ci separano da Kagoshima, la città gemellata con Napoli per il clima, le palme e il “Vesuvio” nipponico, il vulcano Sakurajima. Per mantenere vivo il gemellaggio, ho letto che ogni anno l’amministrazione di Kagoshima, finanzia per buona parte il viaggio a Napoli di 10 cittadini giapponesi. Alla nostra bella città è dedicata anche una strada, Napori douri.
In attesa di partire per le isole Amami, trascorriamo piacevolmente la giornata visitando il Senganen Garden (Iso Teien Garden), uno splendido parco in perfetto stile giapponese e un’ottima posizione per ammirare la baia di Kagoshima, con il vulcano Sakurajima all’orizzonte. E’ una giornata splendida, abbastanza fresca dal cielo terso, è una gioia bighellonare per i viali di questo giardino. All’interno del Garden visitiamo la villa dove visse la famiglia Shimazu, che guidò Kagoshima per 700 anni fino alla fine del periodo feudale nel 1868. La nostra guida è una giovane donna in kimono che al termine della visita ci accompagna in una sala dove partecipiamo alla nostra prima cerimonia del tè.
In Giappone la cerimonia del tè è un rito sociale e spirituale, chiamato anche Chadō o Sadō, Via del tè. La cerimonia è una delle arti zen più note, le cui regole vennero definite alla fine del XVI secolo dal monaco buddhista Sen no Rikyū, maestro del tè di Oda Nobunaga.
Ci accomodiamo sui tappeti e osserviamo con attenzione l’eleganza con cui la donna officia la cerimonia seguendo regole precise e rituali che sembrano quasi un balletto. Naturalmente abbiamo letto prima di entrare cosa fare per apparire educati, ma quando arriva il nostro turno e la donna ci porge la tazza, non ricordo più molto bene il cerimoniale. Beviamo a piccoli sorsi come da tradizione, facendo girare la tazza, ma quale sarà il verso giusto? Preoccupata di sbagliare non faccio molto caso al sapore del tè, concentrata come sono a dimostrare il dovuto apprezzamento alla donna che ci osserva attenta. Un’esperienza gradevole, fuori dal tempo.
Di ritorno in centro, stuzzicati da un certo appetito, entriamo per un aperitivo in quello che ci sembra un pub. E’ vuoto, brutto segno. Stiamo per uscire e cambiare locale, ma alla fine decidiamo di rimanere. Non ce ne pentiremo. Il proprietario, infatti, è una persona socievole che parla benissimo l’inglese. In breve ci troviamo a chiacchierare del nostro viaggio, toccando argomenti che spaziano dalla religione alla filosofia orientale, e di come i giapponesi abbiano reagito alla pretesa degli americani di smentire l’origine divina dell’Imperatore dopo la disfatta della II guerra mondiale. Il proprietario è un seguace dei Pleiadiani, di cui sentiamo parlare per la prima volta, e mentre ci suggerisce delle letture di Marciniak e di Hand Clow sull’argomento, entra una giovane coppia che subito si unisce a noi; la ragazza è originaria di Hiroshima, suo nonno rimasto illeso allo scoppio della bomba, è morto successivamente a causa delle radiazioni subite soccorrendo i feriti per strada. Ci troviamo benissimo e mentre ci scambiamo informazioni sui rispettivi paesi, parte un giro di aperitivi che offriamo a turno, proprietario del pub compreso. Quella che doveva essere una breve parentesi, si è trasformata in una sosta di ore! Si dice che sia difficile familiarizzare con i giapponesi, ed è vero, episodi del genere non ci sono capitati spesso. Che il gemellaggio di Kagoshima con Napoli non dipenda soltanto dal vulcano?
A Kagoshima acquistiamo il biglietto del ferry che ci condurrà per una settimana in giro per le isole fino a Okinawa. Siamo prenotati nel primo battello in partenza dopo giorni di fermo a causa di un tifone. Naturalmente è stracarico di gente tanto che anche la sala ristorante è adattata a dormitorio. Il rischio di arrivare in mare aperto e di dover ritornare per il maltempo è ancora alto, ma decidiamo di rischiare. Solo dopo aver concluso le operazioni d’imbarco, il capitano della nave si sbilancia dicendoci che al nostro posto avrebbe preso la stessa decisione. Ci sentiamo rincuorati perché viaggiare in mare aperto in mezzo a un tifone non è bello…
Arrivati ai nostri posti nel salone “ristorante”, siamo sorpresi di trovare anziché una poltrona, una spessa coperta ripiegata sulla moquette, con un cuscino. Siamo tutti attaccati gli uni agli altri, a lisca di pesce, cosa che all’inizio ci disturba un po’. Invece, contro ogni aspettativa, dormiamo tutta notte e arriviamo a destinazione riposati e freschi. Siamo ormai nel porto di Naze quando, imitando i nostri compagni di viaggio, ripieghiamo con massima cura la coperta lasciando il tutto esattamente come l’avevamo trovato all’arrivo; almeno è quello che pensiamo, invece un inserviente ci rimanda indietro facendoci notare che il cuscino deve essere girato con la scritta rivolta verso l’alto…! Prima di scendere andiamo al bagno e tutto è ancora in perfetto ordine; molte donne stanno finendo di fare la doccia, la carta igienica è al suo posto, non una macchia sui lavandini, nessuna goccia d’acqua per terra: mi sento a casa, è così che troviamo i bagni nei nostri traghetti dopo 12 ore di viaggio in una nave sovraffollata!
Il viaggio in Giappone contina… Al mare nelle isole Amami ➔