MACRO, l’arte contemporanea a Roma

MACRO sta per Museo d’Arte Contemporanea di Roma – ed eccovi in quattro parole riassunta un’idea per una gita nella Città Eterna con una meta diversa dal solito. Anzi due.

Ufficialmente esiste dal 2002, ma in realtà la raccolta di opere “contemporanee” da parte del Comune della città di Roma è iniziata nel 1913, con la donazione del Busto di Signora da parte di Auguste Rodin (un ottimo inizio, c’è da dire).

La prima collezione di opere d’arte moderna del Comune aveva sede in Campidoglio, a Palazzo Caffarelli; poi a Palazzo Braschi, nel dopoguerra; poi ancora a Palazzo delle Esposizioni, in Via Nazionale; e poi di nuovo a Palazzo Braschi – morale: la collezione, tra un trasferimento e l’altro, attorno al 1989, era ormai dispersa e frammentata.

S’è dovuto aspettare fino al 2002 per rimettere tutto insieme e intanto trovare una sede definitiva alla Galleria Comunale: l’ex birrificio della Peroni, nel quartiere Nomentano, nei pressi della celebre Porta Pia dagli echi risorgimentali.

Ma anche al Testaccio un altro edificio attendeva di essere recuperato a nuova vita artistica: l’ex mattatoio, un complesso di eleganti padiglioni tardottocenteschi progettati da Gioacchino Ersoch. Ed ecco costituirsi la sede del Macro Future, oggi Macro Testaccio, a pochi passi dalla Piramide Cestia (che a suo tempo fu, se vogliamo, un originale tentativo di contaminare stili architettonici affiancando alle forme romane l’essenzialità della geometria pura – un’idea molto moderna, a ben considerare), area dedicata ad eventi artistici e manifestazioni culturali.

Arte contemporanea a Roma
CC paolofefe

Dal 2010, Roma si presenta come Capitale d’Arte anche moderna e contemporanea, con un patrimonio di opere assolutamente invidiabile, collocate in ambienti che già di per sé valgono una visita: l’intervento di Odile Decq, da ultimo, ha trasformato l’ex birrificio in uno spettacolare gioco di spazi aperti, di vetrate, di giochi d’acqua su una terrazza con vista sui tetti dell’Urbe Caput Mundi – da vedere, da attraversare, da vivere.

E per salire sulla terrazza non avete nemmeno bisogno di pagare il biglietto: è un regalo che il Museo ha riservato alla Città e ai suoi ospiti – anche se, tenete presente,  gli spazi espositivi valgono il prezzo dell’entrata. Anzi: lo ripagano.

Sono almeno 600 opere, di nomi pietre miliari dell’Arte Contemporanea: dai maestri del dopoguerra, il Gruppo Forma 1, ai “padri” dell’Arte Povera; dalla Scuola di Piazza del Popolo ai nuovi maestri delle più recenti generazioni come Giovanni Albanese, Andrea Aquilanti, Gianni Asdrubali, Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Sarah Ciracì, Luigi Ontani… In pratica, qui trovate tutto quello che c’è da sapere in materia.

Una particolare politica del Museo vuole che gli spazi espositivi siano qualcosa di “vivo”: le collezioni sono esposte ciclicamente per percorsi tematici, ogni volta arricchite di nuove acquisizioni – per cui troverete sempre qualcosa di nuovo, una ragione per tornare periodicamente.

Il Macro Testaccio, poi, è persino aperto di sera proprio per inserirsi nella vita di un quartiere che sta conoscendo una salutare rivalutazione da quando è diventato uno dei poli di aggregazione giovanile delle serate romane (la presenza di una sede dell’Università ha aiutato molto in questo senso).

Creata appositamente per il Museo, l’installazione permanente di Daniel Buren, Danza tra triangoli e losanghe vi accoglie ricordandovi l’importanza degli sponsor privati, per i musei moderni, costretti a destreggiarsi virtuosamente tra finanziamenti, partnership, accordi con fondazioni e collezionisti – i più romantici storceranno il naso, ma è proprio grazie a queste nuove forze che l’appassionato può godersi il fondamentale Archimede II di Ettore Colla, tanto per dirne uno, o l’ormai classico Corrispondenze Terrestri di Gastone Novelli, o la più recente Mascherata Mirata del coloratissimo e visionario Ontani o ancora i tubi luminosi che si fanno discorso, messaggio, forse grido e domanda esistenziale nelle recentissime opere di Arthur Duff, di Natalie Junod Ponsard, di Claire Fontaine.

E perché tutti questi non rimangano solo nomi su una targhetta, non perdetevi Così come sono/ The Way They Are, la galleria di fotografie degli artisti esposti, ritratti raccolti ed esposti proprio per mostrare al pubblico gli artisti, visti finora attraverso i loro lavori, “così come sono” – o, se volete, come li vede la macchina fotografica, in un gioco di rimandi e riflessioni sulla visione e sul rapporto artista/spettatore, che è moderno che più moderno non si può. O postmoderno, se amate le classificazioni.

Ma non perdete tempo ad amare le elucubrazioni dei critici: amate l’arte, amate Roma.

E venite al Macro: avrete un amore romano in più.

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