[alert type=”info” dismiss=”no”] Questo articolo fa parte del viaggio di Davide in Indonesia. Per leggere l’itinerario completo clicca qui »[/alert]
Viaggiare non è seguire un percorso studiato nei minimi dettagli sin dall’inizio, con ogni cosa al suo posto e tutto organizzato: nell’idea di viaggio che conserva – se non intatti, almeno presenti – quel pizzico di romanticismo e imprevedibilità distintivi si contempla la possibilità di perdersi, di fermarsi, di cambiare percorso; di finire in luoghi che in apparenza non hanno veramente nulla da offrire allo straniero.
È questo il caso di Banjarmasin, uno dei centri più importanti del Borneo, la città più grande del Kalimantan meridionale, un vero e proprio snodo di commercio con una merce pregiata a far da padrone: l’oro nero, il petrolio. Più di mezzo milione di abitanti, non un ostello, Banjarmasin in apparenza non presenta nulla di appetibile.
La città vive e corre intorno ai manager, ai grandi alberghi in stile occidentale, al traffico fuori controllo. Eppure mai come in centri come questo, dove la disabitudine a vedere facce bianche è ancora forte, e gli abitanti ridono e sorridono a vederti tra lo stupito e il riconoscente, sembra di cogliere l’Indonesia senza veli.
Un paese con oltre 200 milioni di abitanti, in forte crescita economica ma anche molto sofferente a quelli che sono tra i grandi mali insoluti del nuovo millennio: un inquinamento che uccide, montagne di rifiuti senza una destinazione, una fetta sempre più ampia tra ricchi e poveri, difficoltà di gestione di alcuni gruppi radicali politico-religiosi, la dittatura del “libero” mercato.
Banjarmasin è anche tutto questo e il contatto con gli abitanti è più che mai al riparo da filtri. Questo non vuol dire che la città non abbia da offrire qualche attività nei dintorni dal grandissimo appeal. Così, noi, dopo aver volato da Pangkalanbum a Banjarmasin con un aereo a elica, ci troviamo per 24 ore in uno dei centri petroliferi più importanti di tutto il paese. Ci sistemiamo in uno dei grandi alberghi centrali che ci dà una delle centinaia di camere a un prezzo di favore. Dopo un iniziale spaesamento, raccogliamo informazioni e facciamo la conoscenza di Ahkmad Syaifudin, un piccolo grande uomo che vive e lavora a Banjarmasin e, dopo averci mostrato una lettera di referenze di una coppia italiana, si offre di mostrarci quello che è a suo dire “il meglio che tutta la regione può offrire”: the Floating Market, il mercato galleggiante.
Si tratta di svegliarsi alle 4.30 di mattina, imbarcarsi su una specie di canoa a motore alle 5, viaggiare un’ora e mezza lungo il fiume per raggiungere il punto di incontro di centinaia di persone, soprattutto donne, che dalle loro canoe vendono e scambiano cibo e prodotti ricavati da coltivazione e pesca. Ci fidiamo, e ne vale la pena.
Tutto il viaggio verso il mercato è uno spettacolo: le centinaia di casette lungo il fiume ci offrono il risveglio all’alba, chi si fa il bagno, chi lava i piatti, chi gioca. Il fiume è il centro della vita dei poveri che vivono qui. Il mercato è eccezionale, le donne sembrano uscite da un film, eleganti, tenaci, prese a contrattare e a portare a casa più ‘merce’ possibile. Noi osserviamo, un po’ estasiati un po’ ancora sonnolenti, e riusciamo anche a comperare dei buonissimi dolcetti locali simili a dei muffin.
Il ritorno è più duro per il sonno e la stanchezza, ma il mercato galleggiante resta uno dei momenti più belli. Salutiamo Akhmad con un po’ di dispiacere, prometto che parlerò di lui a tutti quelli che si recheranno a Banjarmasin, lui mi parla delle centinaia di fiumi che ci sono in quella regione, della possibilità di recarsi nella vicina Martapura a vedere le miniere di diamanti, dell’occasione di fare tre giorni a Loksado a fare trekking, rafting, vedere le cascate e conosce alcune tribù locali che ancora vivono in mezzo alla foresta.
Alla fine il pensiero è che ci siamo finiti per caso e ce ne andiamo troppo in fretta. Akhmad ci accompagna all’aereoporto e il saluto è intriso anche di un po’ di dispiacere, come quando si lasciano nuovi amici con cui senti un legame già antico. Riprendiamo un aereo, direzione Makassar, isola di Sulawesi.
[alert type=”info” dismiss=”no”] Il viaggio di Davide in Indonesia continua nel paradiso tropicale di Bunaken. Leggi l’articolo »[/alert]