[alert type=”success” dismiss=”no”]Questo articolo è una tappa del viaggio di Enrico in California. Leggi l’itinerario completo qui »[/alert]
Da San Francisco puntiamo sulla Città degli Angeli, con troppe letture e film alle spalle, colmi di immaginario e pregiudizi. Avendo letto Mike Davis mi aspettavo il peggio, ma non tutto quadrava nell’immagine apocalittica della non-città. Los Angeles per me era anche il luogo dove contavo di incontrare in una sala da bowling l’essenza stessa dell’umanesimo postmoderno, The Dude e gli altri personaggi de Il Grande Lebowski. Sogno o incubo americano? Nessuno dei due o entrambi fa lo stesso. L’errore sta nel formulare giudizi su qualcosa che non esiste. Esiste l’asfalto e il cielo, e una quantità di persone diversissime per stato sociale, economico, etnico e culturale. Ma Los Angeles non esiste, se non come sfuggente, allucinata metafora dell’umanità.
L’arrivo a Los Angeles pende nettamente dalla parte dell’incubo. Innanzitutto è impossibile capire dove inizia. L’ingresso nelle fauci del mostro avviene gradualmente. L’autostrada si allarga, le corsie aumentano, da 3 a 4 e poi 6, 8 … fino a quando non riesci più a contarle e ti ritrovi senza capire più nulla in un flusso infernale di traffico in corsie parallele. In qualche modo riusciamo a raggiungere Glendale, una delle tante città che fanno parte dell’area urbana di LA. Qui ci fermeremo alcuni giorni a casa di un amico. Una serata tra birre e margaritas in un locale messicano, una lunga dormita. Il giorno dopo possiamo iniziare l’esplorazione di LA. Abbiamo due giorni a disposizione e una mustang nera noleggiata a San Francisco.
Con una mappa dettagliata ci buttiamo nuovamente nelle fauci del mostro in direzione Hollywood. Evitiamo autostrade, svincoli e tangenziali che di tanto in tanto ti ritrovi sopra la testa e scopriamo strade e quartieri che hanno anche un volto umano. E’ vero, non ci sono molte persone in strada e spesso manca il marciapiede, perché qui non è previsto che ci si sposti a piedi. I mezzi pubblici sono ridicoli per un’area urbana così vasta. L’unico modo sensato di spostarsi a LA e con un’automobile, ma mentre sulle highway lo stress e il traffico la fanno da padroni, quaggiù sulle strade e nei quartieri tutto è più lento e, anche se le distanze sono enormi ci si riesce a orientare senza grandi difficoltà.
Hollywood Boulevard con la Walk of Fame è un must, però è anche un luogo di scarso interesse, una trappola per turisti intenti a fotografare i nomi delle star scritti sul marciapiede. Ci fermiamo un attimo. Risaliamo in macchina, attraversiamo Beverly Hills (anche qui nulla di interessante, le ville e i parchi sono invisibili dalla strada) e arriviamo infine al Getty Center, dove abbiamo deciso di passare il resto della giornata.
Le collezioni d’arte del Getty comprendono Van Gogh, Monet, Rembrandt, Tiziano. Ma la cosa più bella è la location. Il Getty Center si trova sulle Santa Monica Mountains e si raggiunge con una funicolare di vetro, dopo aver sistemato la macchina nel parcheggio sotterraneo. Da qui si ha una vista formidabile su LA, sulle montagne e sull’oceano. La struttura è immersa nel verde e nel silenzio. L’architettura è avanguardia pura, opera di Richard Meier. Oltre al museo, al Getty vi sono giardini, ristoranti e bar all’aperto, sale conferenze, eventi culturali che spaziano dalle rassegne cinematografiche ai concerti. Ma lo spettacolo più bello è quello del tramonto.
Il secondo giorno è dedicato alle spiagge di Santa Monica e Venice. Santa Monica è una città costiera decisamente gradevole, un ottimo posto anche per soggiornare e da tenere come base per visitare LA e dintorni. Negozi e ristoranti, spiagge di sabbia e un’atmosfera cosmopolita. Al Santa Monica Pier ci sono numerose attrazioni dedicate ai bambini e una ruota panoramica a energia solare. Il modo migliore per girare le spiagge di questa zona è affittare una bici o dei pattini e percorrere il South Bay Bicycle Trail, un sentiero di 22 miglia parallelo alla spiaggia. Decisamente più trasgressiva l’atmosfera a Venice, dove i turisti che si fanno tatuare o intrecciare i capelli, si mescolano a personaggi bizzarri, percussionisti, artisti e pseudo-artisti che popolano a ogni ora del giorno la spiaggia e il lungomare.
Il nostro incontro con Los Angeles finisce qui. Due giorni sono pochi ma sono stati almeno sufficienti per smontare certi luoghi comuni. Prima di tornare a casa, ci resta ancora una cosa da fare: una puntata in Messico, per vedere con i nostri occhi e annusare con le nostre narici quel luogo di perdizione che è la città di Tijuana, appena oltre la frontiera più trafficata al mondo.
Il viaggio in California continua… A Tijuana ➔