Parliamo di ceramica. D’arte, naturalmente. E sgomberiamo subito il campo dallaquestione “arte minore sì o no”: ormai da tempo abbiamo capito che NON esiste un’arte minore nella contemporaneità – qualsiasi materiale, qualsiasi tecnica, persino qualsiasi azione oggi può caricarsi di significato estetico ed espressivo e quindi diventare Arte a pieno titolo. Figuriamoci un’operazione così ricca come la creazione di forme in ceramica.
Oltretutto, non si capisce come sia potuta sorgere questa questione, visto che persino quando si studia l’arte primitiva può capitare nei casi più fortunati di avere a che fare con materiali di argilla cotta.
A 1200°C, per la precisione, la soglia termica della porcellana. Duecento gradi dopo, ecco la ceramica.
Facile capire come protagonista essenziale del processo sia un forno – che possa arrivare ad altissime temperature, e che possa garantire la purezza del risultato. E poi ci vuole il tornio, e mani abili a tornire, e poi – perché no? – sarebbe bello avere anche una galleria dove esporre i propri capolavori…
Bene, c’è un posto dove trovate tutto questo – ed è più vicino di quanto pensiate: a Milano, in pieno centro, presso le Officine Saffi, in Via Saffi 7.
Su 1500 mq di un’ex officina, già ex tipografia, in uno spazio elegantemente ristrutturato all’insegna del bianco e della luminosità, luogo che è innanzitutto progetto culturale, oltre che galleria, laboratorio e persino redazione della pregevole rivista Ceramica d’arte in Italia e nel Mondo.
Il fatto che il prestigioso Museo Internazionale della Ceramica di Faenza faccia esporre qui le opere vincitrici del Premio Faenza, la dice lunga sulla qualità del lavoro dell’OS Project.
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Ci troviamo insomma in un vero e proprio crocevia artistico internazionale: la comunità degli artisti della ceramica è poco affollata – non chiusa, ma per forza di cose ristretta a chi sia in grado di padroneggiare il complesso procedimento creativo che passa dalla modellatura all’essicazione, per poi arrivare alla cottura, fino alla smaltatura e decorazione. Ed è un crocevia dove gli artisti non solo passano per farsi ammirare nella galleria, ma anche si fermano per condividere le proprie ricerche espressive e tecniche: i laboratori OS sono aperti agli appassionati, principianti e/o avanzati, per workshop i cui risultati finali spesso diventano a loro volta oggetto di esposizione nell’attigua galleria e occasioni per correlate pubblicazioni a cura del gruppo editoriale, in un vero e proprio circolo virtuoso che si alimenta di continuo attingendo dall’esterno e restituendo nuove suggestioni.
Insomma qui avete un’occasione concreta per confrontarvi con la quotidianità contemporanea reale del mondo della ceramica e soprattutto – occasione più unica che rara nel desolante panorama italiano – entrarci dentro mani e piedi. “Mani”, peraltro, in senso letterale, perché qui le mani ve le sporcate concretamente: qui plasmerete, tornirete, cuocerete e poi decorerete, voi, sotto la guida esperta e illuminante dei migliori nomi della creatività mondiale.
Ad esempio, Robert Cooper è stato recentemente ospite con le sue tea caddies multicolori (quasi contenitori di idee con cui ricreare la realtà, pure espressioni di una poetica dell’object trouvé che si muove tra riciclo e riplasmazione estetica della vita che ci circonda), esposte nella Galleria; ma contemporaneamente si è fatto Maestro d’Arte in un workshop in cui ha condiviso la sua esperienza con gli allievi – ed era uno spettacolo nello spettacolo vederlo muoversi con tanto di grembiale attorno al tavolo di lavoro, ora con colori e pennelli, ora con forme d’argilla, e calchi, e stampi e stoffe da cui ricavare visionarie textures, in un festoso, creativo triduo di condivisione delle sue Ibridazioni Narrative.
Ecco, OS project sta in questa vitalità contagiosa, che dà il senso dei progetti editoriali, raffinati e curatissimi; dà il senso di quelli espositivi, sempre attenti alle più recenti evoluzioni del panorama artistico; dà il senso di quelli formativi.
Tenete d’occhio il sito delle Officine, con particolare attenzione alla sezione Concorsi: possono essere un trampolino di lancio reale che pochi offrono al giorno d’oggi. Ad esempio prendete Open to Art, del 2014: aperto ad artisti di tutte le età, “senza vincoli tematici e con l’unica condizione della presenza di una percentuale maggiore in ceramica all’interno dell’opera”, recita il bando. Scorrete i nomi della Giuria e capirete che cosa si intende con “progetto di ampio respiro”: la collaborazione è (anche!) col Guldagergaard International Ceramic Research Center (Mette Blum Marcher), il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza (Claudia Casali), l’École National Supérieure d’Art di Limoges (Jeanne Gailhoustet), il Museo di Design di Helsinki (Jukka Savolainen), il Royal College of Art di Londra (Martin Smith)… e gli altri scopriteli voi, sgranando tanto d’occhi.
Per tutto ciò bisogna ringraziare la proprietaria delle Officine, Laura Borghi, l’anima discreta nascosta dietro quest’entusiastica attività, che ogni giorno combatte mossa da passione per la bellezza e caparbia ostinazione: i problemi sono i soliti, immancabili, tipici impicci dei progetti culturali odierni; ma lei non ha nessuna intenzione di mollare.
E la ceramica può continuare a riplasmarsi per la nostra meraviglia.
Da così vicino.