Il libro In Vietnam. Digressioni di viaggio di Stefano Calzati è il racconto di un itinerario che attraversa il paese asiatico da sud a nord, da Ho chi Minh City ad Hanoi. Come molti viaggi, anche quello di Stefano inizia dall’oblò di un aereo. Il suo è uno «scalo prolungato», un intermezzo tra un anno a Melbourne in Australia a insegnare italiano e il ritorno in Europa.
In Vietnam è un po’ reportage e un po’ diario. Nasce da una consapevolezza di fondo, quella della relazione necessaria che accoglie e proietta luoghi e persone nella propria soggettività. L’occhio vigile che scruta e contestualizza è sempre raccontato, così come gli incontri e le scoperte in una terra speranzosa, ma segnata da un passato doloroso. Ogni tappa del viaggio è fatta di passi, affetti, sensazioni, perplessità e stupore. Indossiamo abiti sportivi a prova di polvere, macchie e sudore. Seguiamo Stefano nei meandri del Vietnam, con zaino in spalla e piedi veloci, pronti a sentire e osservare.
Lo sguardo del viaggiatore si sforza di superare i confini dell’oblò. Rifiuta la distanza del vacanziere spettatore che si lascia condurre in un viaggio organizzato, dove si assiste, si guarda dall’esterno. Parte dal non-luogo della cabina dell’aereo per tuffarsi in un mondo altro.
Ho Chi Minh City
L’aereo atterra nei pressi della città più popolosa del Vietnam, Ho Chi Minh City, la vecchia Saigon, ribattezzata nel 1976, poco dopo la fine della guerra. Attraverso l’afa e l’umidità del gennaio locale, un taxi guidato in infradito porta Stefano al quartiere Pham Ngu Lao, un dedalo di viottoli e vicoli del Distretto 1, nel centro della città. È una zona popolare che pullula di chioschi e bancarelle, dove si trovano gli alloggi economici per chi visita il Vietnam con lo zaino in spalla.
D Le Lai è una via ampia che delimita il quartiere a nord. Qui spunta l’insegna della piccola pensione che ospita Calzati, luminosa su un ingresso stretto e alto, tra tante insegne di guesthouse e ostelli con nomi intraducibili, dai dittonghi misteriosi. La prima cosa che fa un viaggiatore stanco arrivato a destinazione è inaugurare il letto. Il sonno profondo crea un legame, una sintonia con la camera sconosciuta, semplice e disadorna. Il risveglio per ora di cena è provvidenziale. Inizia l’esplorazione.
La birra più diffusa in Vietnam si chiama Tiger. E’ la prima scoperta, nel minibar della stanza. Il buio è pesto alle otto e le luci della città son tutte scintillanti. La cena viene consumata in una bancarella che offre noodles e piatti di pesce a prezzi bassi. Inutile intimorirsi per eventuali conseguenze intestinali. La colazione prima delle sei del mattino ripropone i noodles. «When in Rome, do as Romans do». È una saggia decisione per chi vuole calarsi nello spirito del luogo che passa anche dalle papille gustative e dalle pance.
Il tempo di un blitz in cucina e mi ritrovo davanti un bowl di tagliatelle immerse in un brodo di spezie, alghe e altre peripezie culinarie di quaggiù. Intrepide, mirevoli peripezie, en effet. Il vapore delle noodles risveglia i miei sensi: riconosco il coriandolo e lo zenzero, forse il curry, ma molti altri aromi mi sono del tutto sconosciuti.
D Le Lai prosegue verso nord est fino a incrociare la vecchia rue Catinet indocinese, oggi D Dong Khoi. Passeggiando verso sud si raggiunge un ampio anfiteatro di aiuole che dà sul fiume Saigon. Ancora pochi passi e appare il porto fluviale di Ho Chi Minh, «luogo di mezzo» dove emerge la fragilità di essere di passaggio. Snodo fondamentale per le rotte mercantili tra l’Oceania e l’Asia, il porto della vecchia Saigon non è molto frequentato dai turisti. Polvere, marmitte rumorose e pedoni che sfuggono al pelo dalle traiettorie degli scooter sono giustapposti ai container che spiccano sull’azzurro dell’acqua di fiume. L’esperienza olfattiva consiste di odore di ruggine e pesce essiccato
Il ritorno verso il centro passa da D Pasteur, D Le Loi, D Ly Tu Trong, fino ad arrivare al palazzo neoclassico del Museo di Ho Chi Minh City. La piazza antistante dà segni di trascuratezza con l’asfalto che fa sussultare le sospensioni dei veicoli. Ma la facciata dell’edificio si mostra con tutto l’orgoglio dei suoi quasi centocinquant’anni. La scalinata centrale è sovrastata da quattro colonne che reggono un arco squadrato. L’androne è deserto. Il silenzio avvolge Stefano mentre si lascia incantare dal passato burrascoso della città, conquistata e depredata, liberata e ogni volta ricostruita.
E rimango sorpreso nello scoprire quante volte Ho Chi Minh City sia stata conquistata e depredata, di come ogni liberazione abbia significato, inesorabilmente una nuova costruzione; ogni rivoluzione, una nuova persecuzione.
A poche centinaia di metri dal Museo di Ho Chi Minh City c’è il Museo della Riunificazione. Costeggiato da Nam Ky Khoi Nghia, il palazzo si trova al centro di un grande parco. Celebra la riscossa vietnamita contro le ingerenze imperialistiche occidentali. L’episodio cruciale è la presa del palazzo il 30 aprile 1975.
Le spiagge di Mui Ne e Nha Trang
Nel suo viaggio tra il sud e il nord del Vietnam, Stefano viaggia sempre in pullman. Si sobbarca così le inevitabili scomodità, dai sobbalzi per le condizioni precarie dell’asfalto, alle sedute troppo strette in cui le gambe sono destinate a rattrappirsi fastidiosamente, alla mancanza di soste sufficienti per soddisfare le necessità fisiologiche.
Sulle ruote bardate di gomma dura quattro ore il tragitto da Ho Chi Minh City a Mui Ne, villaggio costiero che affaccia sulle belle spiagge del Vietnam. A sud est del paese, la cittadina è incorniciata da una lunga striscia di sabbia puntellata di palme. Ha due volti, i resort che offrono tutti i confort ai turisti e le capanne dei pescatori dove si respira ancora l’atmosfera della tradizione autoctona.
A Mui Ne le spiagge sono ampie, assolate, lambite dall’acqua cristallina. I bagni in mare e la tranquillità di stare al sole o all’ombra di una palma sono piaceri da sperimentare. Ma le tappe imperdibili del luogo sono soprattutto due: le dune e la Sorgente delle Fate.
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Nha Trang è la Miami del Vietnam. Qui i marines americani trascorrevano il loro tempo in congedo. Duecentocinquanta chilometri la separano da Mui Ne, ma per raggiungerla il bus impiega sei ore. È nota al turismo di massa per le spiagge, le isole antistanti e i siti per le immersioni dove ammirare la barriera corallina. Stefano si lascia guidare dal gestore della pensione in cui alloggia, Tuong, un signore simpatico con l’abitudine di dare cordiali colpetti sulla spalla. Le mete sono il Buddha bianco e le quattro Torri Cham di Po Nagar.
Il Buddha bianco è un monolite candido che sormonta la pagoda do Long Son, un tempio buddista edificato in cima a una delle colline della città. Per raggiungerlo occorre inerpicarsi su una lunga scalinata che aumenta la suggestione dell’impatto visivo. L’edificio risale al XIX secolo, mentre la realizzazione della statua massiccia è recente, risale al 1968.
Le Quattro Torri Cham di Po Nagar presentano una forma a tumulo e somigliano ad alveari tozzi. Sono caratterizzate da un acceso color rosso purpureo. Vennero costruite tra il VII e il XII per celebrare la dea Yang Po Nagar. I Cham sono una popolazione che governò nelle regioni centrali del paese fino a essere poi fortemente indebolito dagli attacchi dei Khmer e dalle incursioni vietnamite e cinesi. Ancora oggi ci sono gruppi di origine Cham in alcune parti del Vietnam e della Cambogia.
Hoi An e Hué
E’ la «little Venice del sudest asiatico», ma Hoi An è anche nota come la Città delle Lanterne. Si affaccia a est sul mare ed è attraversata dal fiume Thu Bon, confine tra la città vecchia e quella nuova. Il centro antico è un dedalo di vicoli che si intrecciano con numerosi canali sormontati da ponti di legno che risalgono al XVI secolo. Il suo fascino è di ascendenza medioevale. Dal 1999 Hoi An è Patrimonio dell’Umanità Unesco. Le lanterne di seta e bambù sono appese alle tettoie delle case in legno. L’architettura è influenzata dal gusto cinese e giapponese. Il cuore di Hoi An è un piccolo gioiello del passato ancora intatto.
Duecento chilometri a nord di Hoi An, affacciata sul mare lungo la costa centro settentrionale del Vietnam, Hué è l’antica capitale del regno Nguyen che durò dal 1802 al 1945. Circondata da risaie e da una ricca vegetazione, la sua struttura è organizzata secondo aree concentriche. Il borgo antico di Hué comprende la Città Imperiale e la Città Purpurea Proibita.
Hanoi
A nord del paese, Hanoi è la capitale del Vietnam. Per raggiungerla Stefano avrebbe voluto un posto in treno, un mezzo più comodo e veloce rispetto al pullman. Ma si avvicinano i festeggiamenti del capodanno vietnamita, il Têt, ed è tutto prenotato. Il bus deve macinare ben ottocento chilometri per arrivare a destinazione. Il viaggio dura più di dodici ore. I passeggeri sono tutti autoctoni, con l’eccezione di due tedeschi.
Sigillo di certezza: è un viaggio che solo i più poveri o quelli con molto tempo a disposizione, decidono di intraprendere. Per tutti gli altri ci sono i voli.
Quando Stefano arriva ad Hanoi, mancano quattro giorni al Têt, che nel 2018 cade il 16 febbraio. Il 17 è previsto il volo per l’Italia. Ha tempo per un’escursione di due giorni alla baia di Halong e per visitare la città. La sua pensione si trova nel quartiere più antico, quello dove si fa sentire maggiormente l’atmosfera locale, con angoli suggestivi che evocano una Montmartre asiatica.
Hanoi è una città che racchiude in sé l’intero Paese – la laboriosità delle aree del delta del Mekong; la viziosità grossolana di Mui Ne; il senso di transizione rurale progressista di Nha Trang – rifuggendo però ogni facile confronto.
Il Mausoleo di Ho Chi Minh è il primo monumento da visitare. Un enorme bunker fatto a parallelepipedo troneggia con pesantezza su una alta scala. Di granito nero, è circondato da colonne e si trova in piazza Ba Ðình, dove nel 1945 il rivoluzionario vietnamita lesse la dichiarazione d’indipendenza che diede vita alla Repubblica Democratica del Vietnam.
Il Tempio della Letteratura colpisce a prima vista per le manifeste influenze cinesi. Costruito per volere dell’imperatore Ly Then Tong nel 1070, in origine era dedicato a Confucio. Si tratta di un edificio dall’immagine vitale e armoniosa in cui si susseguono padiglioni, stagni e piccoli templi. L’obiettivo della sua narrazione non è tanto far conoscere le opere letterarie del Vietnam, quanto piuttosto celebrare i luoghi che l’hanno promossa e ispirata. Altre tappe importanti di un viaggio ad Hanoi sono il Parco Lenin, il lago Ho Tay e la cattedrale di San Giuseppe.
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