Questo articolo fa parte del viaggio di Davide in Indocina. Leggi l’itinerario completo qui »
Vang Vien si trova a 185 km a sud di Luang Prabang, a metà strada tra la perla del Laos e la capitale, Vientiane. È questo uno dei motivi che l’hanno resa piccolo paese di culto tra i backpackers, fuori dalle principali guide turistiche ma al centro di un passaparola incessante, protagonista di quelle chiacchierate tra viaggiatori che hanno luogo la sera in ostello o durante gli spostamenti.
Così noi veniamo a conoscenza di questa meta, prediletta da figli dei fiori e cercatori di paradisi artificiali, grazie ad alcuni ragazzi francesi incontrati sul cammino verso Luang Prabang. Incuriositi e quanto mai ispirati dai loro racconti decidiamo di fare sosta per qualche giorno in questa città, che nasce sulle rive del Nam Song.
Vang Vien ha origini antiche, nacque nel 1353 proprio come luogo di fermata tra Luang Prabang e Vientiane. Originariamente chiamata Muang Song, fu ribattezzata Vang Vien in seguito alla colonizzazione francese verso la fine del 1800. Negli anni tra il 1964 e il 1973 questa valle fu utilizzata come base aerea dagli americani durante la guerra in Vietnam, che vide il Laos tutt’altro che estraneo al conflitto: il paese patì terribili conseguenze sul territorio, provocate dall’uso di napalm e sostanze chimiche.
I racconti dei figli dei fiori più attempati descrivono una città cambiata in peggio negli ultimi anni, passata da valle incantata dalla storia maledetta a divertimentificio soprattutto per anglosassoni. In effetti inglesi e australiani sono ovunque, una concentrazione mille volte superiore ad un normale paese laotiano: un altro dei motivi è sicuramente il tubing, così è chiamata l’attività per cui ci si lancia nel fiume dotati di ciambellone e si viene trascinati a valle dove un camioncino riprende coloro che hanno finito la corsa.
Recandosi al fiume a Vang Vien si possono vedere centinaia di persone praticare questa sorta di sport che fa dell’adrenalina e della fatica zero i propri punti di forza. Un vero e proprio motore economico per i noleggiatori di ciambelle della zona, una pratica che si concilia perfettamente e pericolosamente con l’offerta di alcol e sostanza psicoattive in giro per il paese.
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Agli occhi del visitatore Vang Vien si presenta come un’unica strada ai bordi dei quali sono nati ristorantini, bar, pub e internet point. All’inizio si fa fatica a notare quali siano i meccanismi di allacciamento del turista che permettono a così tante strutture costruite ad hoc per gli stranieri di sopravvivere.
Per capire cosa lega il Laos a questa valle incantata e maledetta facciamo un passo indietro. Il paese laotiano è uno dei maggiori produttori mondiali di oppio, fa parte del triangolo d’oro (con Myanmar e Thailandia), conosciuto per la grande quantità di eroina prodotta ed esportata. L’oppio rappresenta dagli inizi del 900 il prodotto più richiesto e più pagato dei contadini laotiani, che ne diventano anche abituali consumatori. È passato un secolo, le droghe sono severamente vietate in Laos, eppure il Triangolo d’oro è ancora lì e la produzione di oppio anche. Vang Vien sembra in qualche modo ricordarcelo, terra franca da controlli e lotta alla droga, che offre ai suoi turisti il prodotto locale per eccellenza: l’oppio.
Non è l’incantevole valle che attira qui la maggior parte degli stranieri ma quello che Vang Vien ha da offrire: la resina scura estratta dal papavero dall’odore dolciastro e dal sapore amaro. La troviamo in quasi tutti i pub, i bar, dove la puoi comodamente ordinare al tavolino e consumarla insieme ad un frullato di frutta fresca. E non solo oppio: l’offerta comprende marijuana, funghetti allucinogeni e altre sostanze. Questo ha reso il paese un posto surreale, dove alle 4 del pomeriggio è prassi vedere persone spaparanzate in un bar a vedere i Griffin, Friends o i Simpson. In mezzo alle giungle del Laos.
L’oppio è un sedativo molto forte, rallenta i riflessi e la vitalità del corpo: questa è una delle principali cause -insieme all’alcol- che ha reso Vang Vien protagonista di tanti tragici episodi per stranieri in cerca di divertimento sfrenato. Come segnalato dal Guardian, qui nel 2011 almeno 27 persone in viaggio hanno trovato la morte più centinaia di feriti, un bollettino da guerra.
In realtà la valle è incantevole e offre la possibilità di fare escursioni meravigliose: per pochi euro si può noleggiare un motorino e avventurarsi nei villaggi hmong vicini, lanciarsi alla ricerca dei fiumi o di cascate sorprendenti, addentrarsi nelle grotte più profonde e inoltrarsi nella vegetazione più fitta stando attenti a non perdersi. Si può fare kayak e organizzare un’escursione per andare a fare roccia, si può provare se non foste ancora sazi un circuito da fuori pista per gli appassionati di moto a 30 minuti da Vang Vien, al Blue Lagoon Resort.
Non è necessario prenotare un hotel o un ostello a Vang Vien: c’è un’offerta ampia e diversificata, potrete tranquillamente contrattare appena scendete dal bus. Fate un giro lungo la via principale e con tutta la calma del mondo scegliete a seconda del prezzo e delle vostre esigenze. Noi ci fermiamo due giorni e mezzo, il tempo di renderci conto di quale realtà allucinogena riempia questa valle incantata e della bellezza della natura circostante, a tratti rovinata purtroppo dall’irruzione sguaiata di cliché occidentali che riproducono anche qui la stessa desolata disperazione che si vede in alcuni paradisi artificiali del mondo occidentale.
Il viaggio di Davide in Indocina continua… A Vientiane, la capitale del Laos »