L’ultima delle Cicladi, la più orientale di tutte: oltre, solo il Grande Blu dell’Egeo. “Il Grande Blu” filmato da Luc Besson, le cui prime scene sono state girate appunto qui, in quest’isola di frontiera che è Amorgos. I produttori del film consigliavano di andarlo a vedere in cinema dotati di schermi Kinopanorama, per godere al meglio della magia della bellezza struggente dei luoghi ripresi; io vi consiglio di andare direttamente in quest’isoletta di 125 km² e 2000 abitanti e di vivere la magia personalmente.
Magia che qui significa mare, tranquillità, paesaggi incontaminati – oltre che le immancabili casette biancoblu, beninteso.
Si anima d’estate, chiaramente per sfruttare il turismo, anche se il flusso che sbarca qui non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello di altre isole protagoniste dei cataloghi delle agenzie viaggi; poi verso Ottobre la maggior parte delle strutture ricettive chiude, e Amorgos torna a essere abitata perlopiù da anziani signori ospitali e amichevoli, dediti ad agricoltura e pastorizia.
L’isola è montagnosa e scoscesa, brulla nei suoi ripidi rilievi senz’alberi (tra cui svetta il monte Krikelos, coi suoi modesti 821 m.); molti tratti dell’unica strada asfaltata si aprono a strapiombo sul mare ed è bene sapere che spesso sono privi di guard-rail.
È bene anche sapere che il Methemi, il vento da Nord – Nord Ovest, sui tratti più esposti soffia piuttosto forte, tanto da essere un po’ infido per i motociclisti: tenetelo presente, nel caso noleggiaste un moped.
Tutt’intorno, un arcipelago di minuscole isole disabitate, da raggiungere con le barchette turistiche che partono da vari punti di Amorgos per una breve gita in veri e propri deserti in mezzo ai flutti.
È un’isola da guardare, fermandosi spesso; da esplorare lentamente, con calma, con tempi ormai sconosciuti alle nostre latitudini. Si contempla il panorama e si ripercorre quasi la millenaria storia di Amorgos, abitata già in epoca preistorica, e poi possedimento minoico, miceneo, ateniese, romano, veneziano, turco e finalmente greco dal 1832: secoli e secoli in cui si direbbe che qui non è cambiato nulla. La bellezza severa di Amorgos è rimasta così nel tempo.
Ci si arriva via mare: il porto principale, Kataapola, è alla fine di un golfo profondo. Tutte le mattine dal molo parte ogni ora un piccolo battello che porta ad alcune spiagge vicine per circa 3€ a/r.
Altre spiagge si trovano a Kalotaritissa, all’estremità Sud-ovest della carrozzabile e da dove parte una barca per la disabitata isoletta di Gramvousa – meta riservata a chi si senta particolarmente asceta.
D’altronde, che il contesto si presti alla solitudine contemplativa è confermato dalla presenza di un monastero, Moni Hozoviotissas, dell’XI secolo, fotogenico gioiello di architettura cicladica, arroccato su uno sperone di roccia a strapiombo sul mare: se riuscite ad arrampicarvi fin là, sarete ripagati da una vista mozzafiato.
Ma si viene qui per le spiagge, bisogna essere sinceri: portatevi tanti libri, perché c’è veramente poco da fare per passare il tempo e poi divertitevi a esplorare la costa di cala in cala, di baia in baia.
La Paradise Bay, a questo proposito, è una delle più note, sulla costa Sud Ovest: il fatto che sia la più nota comporta anche che sia quella meno solitaria – contemporaneamente pregio e difetto del posto, a seconda di quanto vi sentiate misantropi.
Frequentata è anche, sul versante Sud, Muros, con due spiaggette di ghiaia e scogli.
Dall’altra parte, sul versante Nord –Est, si trova la spiaggia di Agios Pavlos, con barchetta in partenza per la deserta Nikouria; e poi c’è la grande spiaggia sabbiosa di Aegiali, affollata principalmente da greci – acqua trasparente e sempre calma, molto adatta per le famiglie.
L’altra spiaggia è quella di Agia Anna, nei pressi del santuario di Hozoviotissa. Ci si arriva dal parcheggio del santuario. Dietro il chiosco del bar, partono due sentieri che vanno ad altrettante calette – arrivati alle quali, ci si dimentica della brutta impressione che può aver fatto l’accoppiata parcheggio/bar, perché ti si apre davanti il vero Grande Blu apparentemente infinito e da un momento all’altro ti aspetti di vedere spuntare dalle onde il tuo delfino personale che ti invita a tuffarti e a giocare con lui.

Per tutt’altra meta, dal parcheggio si prende il sentiero che sale al santuario: i religiosi sono ospitali, vi offrono il Lukùm, una gelatina in zucchero a velo, e un bicchierino di raki, il liquore nazionale all’anice, con immancabile acqua fresca (ne avrete bisogno), e poi vi portano a fare un breve giro nel monastero – vedrete icone e cappelle incastrate l’una nell’altra seguendo i capricci della roccia su cui è costruito il monastero, rivolgerete uno sguardo rispettoso ad alcune immagini sacre ritenute miracolose nell’iconostasi, ma soprattutto invidierete la vista delle celle monacali: verso sudovest si intravede persino la mitica Santorini, a circa 50 km di distanza.
Ma anche restare nel capoluogo, la Chora di Amorgos, (3 km di tornanti dal porto – a piedi ci vuole un’ora di cammino), vi regala angoli suggestivi e viuzze da esplorare, su e giù per le pendici della collina, tra cappellette, chiese, cortili e mulini a vento. I negozi turistici sono pochi, i ristoranti buoni sono di più.
E poi? Poi basta: Amorgos è tutta qui – nel mare, nel vento, nel silenzio; ma, in fondo, proprio per questo, è infinita.
Come arrivare: In traghetto, da Atene o dalle altre Cicladi. Questo un buon sito per orientarvi.
Dove dormire: Non posso che consigliarvi Le Gran Bleu, ospitalità eccellente, panorami ancora meglio.