Questo articolo è una tappa del viaggio di Thomas in Australia. Leggi l’itinerario completo qui »
Così come ci era capitato dopo la sosta a Canberra, lasciandoci alle spalle Melbourne recuperiamo il rapporto con il lato naturistico del viaggio, momentaneamente messo a riposo per una settimana di metropoli. Prima un pomeriggio spaparanzati a Bells Beach (vedi il finale di “Point Break”) come dire la Mecca dei surfisti, che ci accoglie proporzionalmente alle nostre capacità – l’unico giorno di oceano piatto che abbia mai visto. Poi, una volta entrati nel Otway National Park, percorrendo la Great Ocean Road (G.O.R), una gita al faro più vecchio d’Australia (circa 100 anni) vicino a Blancket Bay, dopo essere andati “a caccia” di koala. E le prime notti di nuovo a dormire all’interno del van, ben rannicchiati nei sacchi a pelo visto il repentino abbassarsi della temperatura.
La G.O.R è appunto la strada panoramica che collega Melbourne ad Adelaide, serpeggiando lungo la costa per la maggior parte della tratta, con un costante saliscendi sopra il livello del mare che offre scorci fotografici indimenticabili, soprattutto al tramonto. Quando piega verso l’interno, invece, incrocia strade secondarie lungo le quali ci sono alcune locande costruite in legno e muratura (che sembrano uscite dai primi anni della colonizzazione del continente) e passa attraverso foreste che ricordano quelle a sud di Canberra: una fitta vegetazione verde smeraldo tagliata da diversi percorsi di trekking. Lungo uno di questi, dopo circa 20 minuti a piedi dall’area di parcheggio, si offre alla vista una polla d’acqua circondata da felci giganti nella quale scroscia una cascatella da una parete liscia di una decina di anni. Il tempo di recuperare il fiato di fronte ad uno spettacolo così sorprendente e siamo già in acqua a ricevere le foto degli altri turisti.
Ritrovata la compostezza, ripartiamo alla volta dei Twelve Apostoles, l’attrazione principale della G.O.R., costituita da una fila di spettacolari faraglioni scavati dall’oceano: alla loro base, molto più in basso, spiagge incontaminate di cui non si riesce a capire l’esatta superficie, ospitano colonie di pinguini e otarie che rientrano dall’acqua al tramonto. Celebriamo il momento in cui il sole si nasconde al di là della linea dell’oceano con una gustosa cena all’aperto con pane bianco, tonno in scatola, cipolle e lenticchie (le tipiche vivande che hanno accompagnato tutto il nostro viaggio nei momenti più “estremi”) salutati dalle occhiate divertite degli ultimi passanti che si affrettano alle loro macchine e/o banchetti.
Il giorno seguente, sempre lungo la G.O.R. che ora però prosegue momentaneamente verso l’interno, in direzione Ovest-Ovest alla volta di Adelaide, raggiungiamo la ridente e tranquilla cittadina di Mont Gambier, dove, cito dal diario di viaggio: “passiamo alla mattinata tra l’ufficio informazioni, spedire le cartoline, la biblioteca a mandare emails – gratuitamente – il parco a fumare una sigaretta e a guardare le foto sul computer, un bar a mangiare e giocare a biliardo in attesa di ricaricare l’elettronica”. Nonostante la pausa oziosa, non perdiamo l’occasione di visitare il Blue Lake, un laghetto di acqua assolutamente liscia all’interno di un cratere, la cui origine è ad oggi sconosciuta e il cui blu è così acceso e forte da superare addirittura l’azzurro del cielo.
L’ultima notte prima di raggiungere Adelaide ci vede di nuovo sistemati all’interno del van parcheggiato in una radura dal soffice manto erboso alle spalle di dune che danno sull’ultimo tratto del litorale oceanico prima che la strada svolti a Nord-Ovest. L’area è attrezzata con dei bagni e una tettoia con dei tavoli e delle panche ed è gestita dai rangers del Coolong National Park, ai quali lasciamo un’offerta nella cassetta di legno sistemata su un palo nel mezzo dello spiazzo. Un’elegante luna piena ricama la nostra ombra (mi rendo conto di possedere un’ombra lunare) sul manto d’erba scura mentre sistemiamo i bagagli, i sedili e i sacchi a pelo per l’ultima notte prima di una nuova metropoli.
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