Il 14 febbraio 2013 scoppia un incendio all’ultimo piano del Museo d’Arte Contemporanea di Gallarate. Fumo nero, paura, gran via vai di sirene, pompieri, vigili e polizia. Il fuoco è circoscritto, ma minaccia alcune opere conservate nell’edificio. Alcuni dipendenti le portano fuori con sé, salvandole dalla distruzione.
Domato il fuoco, evitato un disastro ben peggiore, scatta la solidarietà tra i musei lombardi: la Triennale di Milano si offre di ospitare le opere scampate alle fiamme fino a quando i lavori di restauro non siano terminati. Dopo la Triennale, anche le serre della Villa Reale di Monza diventano rifugio di lusso per l’arte profuga. Il 6 Gennaio, con la chiusura della Mostra monzese “…E il viaggio continua”, le opere tornano a casa ed è lì che ora possiamo andare a vederle, in collezione (di nuovo) permanente.
Non è nemmeno scomodo: a metà strada tra Varese e Milano, a pochi km dalle amene rive del Lago Maggiore, Gallarate è centro d’arte contemporanea dai primi anni del secondo dopoguerra.
Nel 1950 infatti comincia la storia del Museo, quando viene istituito il Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, proprio con l’idea di costituire nel tempo un patrimonio di opere da conservare in un erigendo spazio apposito.
Di premio in premio, di anno in anno, nel 1966 è ora di dedicare alle opere che si sono accumulate nel tempo la sede che si meritano: ed ecco la Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate.
E si arriva così al 2009, quando il Comune di Gallarate costituisce la Fondazione “Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella”: soci fondatori, il Comune stesso e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali; partner istituzionali, Regione Lombardia e Provincia di Varese; soci sostenitori, Yamamay, SEA e BPM – una vera e propria joint venture culturale, insomma.
Che dà i suoi frutti: nel 2010, con ormai oltre 5000 opere nella collezione, si inaugura la nuova sede del Museo, dalle eleganti forme ultramoderne su progetto degli architetti Maria Luisa Provasoli e Pier Michele Miano – 5000 mq. su cui la nuova struttura si integra ardita ma armoniosa col recupero di un fabbricato industriale degli anni ’30. Per gli amanti dell’architettura, il Museo vale una visita anche solo per studiarne le forme esterne.
Ma per chi cerca le tracce dell’estetica del secolo breve appena passato, l’interno è il Paese di Cuccagna: volete dei nomi? Eccoli, senza badare a spese: Carrà, Sironi, Del Bon, De Rocchi, Guttuso, Treccani, Morlotti, Santomaso, Ajmone, Tavernari, Afro, Soldati, Veronesi, Prampolini, Munari, Arnaldo e Gio Pomodoro, Melotti, Fontana, Bonalumi, Vedova, Colombo, Dadamaino, Varisco, Gilardi, Studio Azzurro, Mauri… Non vi bastano? L’elenco può continuare ancora per un bel po’ di righe – ma fermiamoci qui.
Basta tenere presente che, tra le donazioni e i vari premi artistici che hanno mantenuto la tradizione di Gallarate come città mecenate, il risultato è che il Museo conserva oggi una vera e propria summa artistica di tutte le più interessanti correnti che hanno alimentato la vita culturale italiana (e non solo) dell’ultimo cinquantennio, dai futuristi ai neofuturisti, dai dadaisti ai neonaturalisti, dall’arte informale a quella concettuale, dall’astrazione povera a quella ridefinita e chi più ne ha più ne metta.
Il tutto arricchito dall’idea, che fortunatamente prende sempre più piede, secondo cui un Museo possa e debba essere un centro vitale per il territorio che lo ospita – idea perfettamente in linea con le esperienze più innovative del panorama museale internazionale: anche questo (bell’) edificio infatti ospita laboratori, una sala conferenze, una caffetteria progettata dal guru dell’architettura Marti Guixé (un essenziale intrico di panche volutamente disposte per favorire il dialogo tra gli avventori del locale) e ampi spazi che possono essere affittati anche per eventi privati.
Immancabili ormai le attività per avvicinare i bambini all’espressione artistica: i piccoli si divertono a far paciughi (come si dice qui) e i genitori guardano tranquilli. Entrambi, imparano qualcosa ogni volta, cosa che non fa mai male a nessuno, adulti e non.
C’è persino una ludoteca, la Ludodarte dove sono conservati giochi d’autore, divertenti, colorati e comunque istruttivi. Per capirci: va a finire che i bambini giocano con le carte di Bruno Munari o con gli anelli di bambù della Bauhaus, tanto per fare un esempio.
Per chi vuole studiare, la Biblioteca con 25000 volumi, i fondi di Silvio Zanella e Marinella Pinelli e tutti gli altri titoli che potete trovare elencati qui.
Dulcis in fundo, chicca peculiare di questo Museo sempre al passo coi tempi, la formazione permanente di livello universitario: qui si tengono, oltre a corsi dedicati a chi voglia approfondire le tematiche artistiche a vari livelli, anche le lezioni del Biennio Specialistico di ARTI VISIVE E DISCIPLINE DELLO SPETTACOLO – DIDATTICA PER IL MUSEO RICONOSCIUTO MIUR – AFAM, il fiore all’occhiello del Museo, a testimonianza della volontà concreta di far diventare l’arte motore di vita per tutti e catalizzatore di future occasioni per i giovani.
Mentre tanti chiacchierano, insomma, a Gallarate “le cose d’arte” si fanno davvero, da sessant’anni, ormai – e non li ferma nessuno.
Nemmeno un incendio.
Per fortuna.