Da qualche mese posso affermare di conoscere (un po’ meglio) l’Italia. Grazie alla scrittura di Diario di un’odissea positiva, ho girato diciassette regioni su venti a bordo di una biblioteca itinerante, per presentare il libro in biblioteche, piazze, scuole e librerie. Una parte importante del progetto si è svolta in Molise, dove sono stato accolto dall’ULI (Unione lettori italiani), che, oltre a ospitarmi e organizzare diverse tappe del tour, mi ha permesso di scoprire meglio questa regione così poco conosciuta, mi permetterei di dire quasi anonima, ma che invece per quanto notato offre più di altre regioni, soprattutto considerando l’esiguità delle sue dimensioni.
Ai piedi del Matese è presente un’antica rovina romana, un tesoro dimenticato: si chiama Altilia e si trova a meno di mezzora di auto da Campobasso. Il sito, due millenni fa fiorente cittadina, è racchiuso da tre porte, che erano gli unici tre accessi al centro. Presentano un livello di conservazione che rasenta la perfezione e sulle quali sono installate delle statue e dei bassorilievi che le rendono ancora più affascinanti. Su una di esse, a mio avviso la più interessante, è possibile, attraverso una scalinata autentica, salire fin sopra il suo arco per poter passeggiare, seppur per pochi metri, in quelle che erano le mura di un tempo e adesso quasi assenti, se non in prossimità delle porte.
Le strade lastricate testimoniano l’importanza del villaggio come punto di passaggio e di incontro sulle grandi tratte romane, famoso soprattutto per la colorazione dei tessuti; si possono tutt’ora vedere le grandi vasche di pietra nelle quali le donne usavano lavare i panni perché il colore potesse essere trasferito secondo le tecniche del tempo.
L’anfiteatro, anch’esso conservato perfettamente, è tutt’ora usato, quelle poche volte che i molisani si ricordano della sua esistenza, appoggiandosi ad un casolare costruito più recentemente e adibito a camerini e a sale di regia. Durante le serate culturali, ne viene fuori uno spettacolo fuori dal comune, capace di regalare un’atmosfera quanto mai suggestiva, soprattutto se ad andare in scena sono dei drammi greci o romani.
Spostato di un centinaio di metri, laddove regnava il fulcro della città, è presente ciò che resta di un tempio, ossia un colonnato ancora in piedi, alcune per intero e altre mozzate, con ai bordi qualche capitello e alcuni cornicioni di ciò che un tempo era il tetto. Adiacente al colonnato è stato installato un punto di informazione turistica, per completezza di informazione devo sottolineare che è abbastanza scarno, a testimonianza che l’interesse per preservare il luogo è pressoché assente. Il sito archeologico è utilizzato pochissimo, giusto per qualche esperienza artistica e per essere visitato da chi vive a pochi chilometri di distanza, tagliato fuori da qualsivoglia rotta turistica molisana e nazionale.
Da ciò che mi sono accorto e che mi hanno confermato, per lo più viene utilizzato come pascolo per i greggi di pecore, che trovano erba selvatica in abbondanza, tra una torre diroccata e una strada, tra un muretto a secco e una testimonianza di Sepino. Per intenderci: le pecore non fanno danni e non rovinano nulla, anzi, provvedono a rendere tollerabile la quantità di erbaccia presente, ma certo non lustrano il prestigio e l’attenzione che un luogo simile dovrebbe avere.
Ho viaggiato abbastanza da capire quale sia la quantità di tesori che abbiamo in Italia rispetto ad altre nazioni. In un altro paese, il sito archeologico di Altilia avrebbe molta probabilità di essere considerato un Patrimonio dell’Umanità. Qui in Italia, dove di patrimoni ne abbiamo più di tutti, Altilia è probabilmente destinata a restare così ancora per molti anni, abbandonata e sconosciuta, liberamente visitabile e altrettanto liberamente deturpabile.
Tutto ciò non è comunque da intendere come un disincentivo a visitare Altilia. Al contrario, è un grande punto a suo favore, per il fascino e l’unicità che presenta. Non è frequente infatti trovare delle rovine romane così ben conservate che non facciano parte di un complesso archeologico o di un museo. Durante la visita mi sono sentito tranquillo, libero di passeggiare senza seguire un percorso o di pagare un ticket o di trovare dei divieti che in un museo si è soliti trovare. Tanto mi basta per consigliarvi di visitare Altilia.
COME ARRIVARE. Da Roma ci vogliono oltre tre ore in treno o autobus per raggiungere Campobasso. Da Campobasso si può raggiungere Sepino, a soli tre chilometri dal sito di Altilia, in mezzora circa con le linee di bus regionali. Naturalmente il mezzo più comodo per visitare il Molise, è un’auto propria oppure a noleggio.
DOVE MANGIARE. A Campobasso, in centro storico, c’è la storica la Trattoria Nonno Cecchino. Se avete un mezzo di trasporto autonomo, dopo la visita di Altilia, spostatevi a Bojano e provate la Trattoria Da Filomena.
DOVE DORMIRE. Hotel San Giorgio a Campobasso, centrale e vicino alla stazione ferroviaria. Per chi ha voglia di agriturismo, nel Parco Regionale del Matese c’è l’Agriturismo Falode.