Genova nei luoghi e nelle canzoni di De André

Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli / In quell’aria spessa carica di sale, gonfia di odori / lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano / quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano. / Se tu penserai, se giudicherai / da buon borghese / li condannerai a cinquemila anni più le spese / ma se capirai, se li cercherai fino in fondo / se non sono gigli son pur sempre figli / vittime di questo mondo.

La Città Vecchia

Com’è bello passeggiare lungo Corso Italia, promenade del litorale genovese, la domenica pomeriggio o al tramonto, quando Genova si accende nelle sere d’estate. Le case in stile liberty distraggono per un attimo, ma all’altezza del civico 6 sono i ricordi di una canzone ascoltata nel mangianastri di mamma e papà che iniziano a guidare i passi. È qui che Faber scrisse La canzone di Marinella, è qui che abitò in gioventù. È qui che iniziamo il nostro viaggio tra i ricordi, i luoghi amati, vissuti, cantati di Fabrizio De André, della sua Genova fatta di caruggi e piazzette poco più grandi di un foulard. Piena di colore, dialetti, labirinti, mare e tipi strani. E di poesie dove i protagonisti sono luoghi di contrabbando e l’amore è come la rivoluzione.

Corso Italia_Genova
Foto di Andrea Puggioni (CC)

Dopo la Foce, citata spesso come ne Le acciughe fanno il pallone, si trovava il Roby Bar, quel ritrovo di artisti e personaggi bizzarri tra Via Cecchi e Casaregis che Gino Paoli ricorderà in una delle sue canzoni: tra quei quattro amici al bar c’era anche Fabrizio. Dirigendosi verso il centro storico arriviamo in una delle strade principali della citta, via XX Settembre dove un tempo le signorine della notte passeggiavano, e raggiungiamo uno dei luoghi simbolo della città, la magnifica Piazza De Ferrari. Qui si trovava uno dei punti di riferimento della Scuola Genovese (cui appartenevano, oltre a De André, Luigi Tenco, Bruno Lauzi e ancora Gino Paoli), Orlandini Dischi, un vero e proprio ritrovo dove ascoltare musica e creare progetti. Poco distante è il Vico Dritto di Ponticello, oggi fagocitato da Piazza Dante, cantato nella colorita e bellissima A duménega, in cui nell’antica Genova la processione domenicale delle prostitute sbeffeggiate dalla cittadinanza, si trasforma nelle crude parole del cantautore in un schiaffo al bigottismo imperante.

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Dopo 200 metri arriviamo al Teatro Carlo Felice, di fronte a Palazzo Ducale, luogo memorabile per chi nel ’97 era al concerto che il cantastorie genovese tenne alla vigilia di Natale. E luogo del saluto da parte dei suoi fan un paio di anni più tardi, con una folla di persone fuori dal teatro a testimonianza di eterno affetto e riconoscenza. Chi lo ha amato, non potrà scordarlo.

Passando per via Roma fermatevi ad assaggiare un dolce all’antica confetteria Romanengo e la mente volerà al naufragio della London Valor.

Il luogo più conosciuto e rappresentativo del personaggio De André è stato il suo personale tempio musicale: il negozio di Gianni Tassio in Via del Campo al 29. Luogo mitico e indimenticabile dove le copertine originali dei dischi di Fabrizio riempivano la vetrina, chiuso dopo pochi anni dalla morte del titolare, grande amico di Faber, nel 2010. C’era anche la Esteve del cantautore, agguantata all’asta grazie ad una colletta della città che tenne tutta Genova sulla corda per parecchi giorni. Oggi ci trovate l’emporio-museo dedicato al cantautore e ai suoi colleghi genovesi, Via del Campo 29 rosso, aperto nel 2012, ricco di cimeli e vinili originali, oltre che sede del “Genoa Club Fabrizio De André”. La via in tutto il suo insieme è cambiata radicalmente, ma se si chiudono gli occhi si può sentire nelle mente una voce profonda cantare:

una bambina / con le labbra color rugiada / gli occhi grigi come la strada / nascon fiori dove cammina

Via del Campo
A Genova con De Andrè
Foto di Twice25 (CC)

Con le note a fior di bocca, raggiungiamo i suggestivi portici di Sottoripa protagonisti negli anni ’50 delle nottate di De André insieme all’amico Paolo Villaggio: uno dei locali frequentati allora, Il Ragno Verde, è citato nel romanzo Un destino ridicolo scritto da Faber e Alessandro Gennari. Lungo questi portici, dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, ci sono anche i porticati pubblici più antichi d’Italia, databili al XII secolo, oltre ai famosi Palazzi dei Rolli. A poca distanza, in Piazza Cavour si può sentire ancora il vociare del mercato ittico inserito insieme a contributi audio dalle zone portuali, in Crêuza de mä. Da ascoltare in cuffia magari sedendosi su una panchina al fondo della Via al mare Fabrizio De André, intitolata al cantautore nell’anno della scomparsa.

Da visitare percorrendo ripide e suggestive crêuze è il quartiere di Sant’Ilario, dove ammirare un panorama incredibile ascoltando l’intramontabile Bocca di Rosa: dalla stazione ferroviaria ormai in disuso perché soppressa, si ripercorre la vicenda della rivoluzione amorosa portata in paese dalla donna. In una teca una scultura a libro contenente un acrostico, l’acrostico rosa per l’appunto, la celebra ancor oggi. Dalla parte opposta della città, nel quartiere di Pegli, si trova la casa nativa del cantante in Via De Nicolay 12: una targa in ceramica a testimonianza.

Questa, in parte, era la Genova di Fabrizio De André: libera, superba fatta di emarginati e artisti. Profonda e frivola al contempo, con tutte le contraddizioni che la società del boom economico degli anni ’60 viveva. E che lui cantò come nessun altro.

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