Siamo a Bilbao, cuore dei Paesi Baschi, la più grande città della Biscaglia. Un tempo famigerata per le popolazioni bellicose e infide, additata dai viaggiatori come terra di predoni e briganti e temuta dai marinai per il carattere burrascoso delle acque del suo golfo, oggi famosa soprattutto grazie alla sede del Museo Guggenheim (una delle tante sparse per il mondo), aperta qui nel 1997.
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Un colpo di genio dell’Amministrazione della Regione, va detto: la cattiva fama secolare è stata spazzata via in un colpo dall’accorrere in massa del turismo internazionale e tutta la città (e di conseguenza tutta la regione circostante) ne ha guadagnato. Il che è ovviamente un bene per tutti, anche perché città e regione meritano abbondantemente più di una visita.
Ma noi restiamo nel Museo, per oggi: anche perché, di roba, ce n’è eccome. A partire da fuori: basterebbe perdersi a passeggiare all’esterno del Museo disegnato dalla matita visionaria di Frank O. Gehry – un gioco sinuoso mai uguale a se stesso di vetri, riflessi, corsi d’acqua, linee spezzate, pietra e titanio che ti costringe a cercare ogni volta un colpo d’occhio nuovo, quasi il Museo fosse un organismo vivo e pulsante che respira e si rimodella seguendo il corso del sole durante la giornata.
Il fiume Nervion scorre qui vicino e contribuisce a moltiplicare gli effetti di luce e di immagini speculari: anche qui, come in tanti altri musei contemporanei, già gli spazi esterni interagiscono con opere site-specific progettate per essere collocate esattamente dove sono. Ad esempio, il Ponte La Salva ospita la scultura di Daniel Buren, Arcos Rojos (o Arku Gorriak, in lingua locale); immediatamente sotto, l’enorme spazio Galleria 104 custodisce The Matter of Time di Richard Serra; ma vi attendono altri nomi di lusso come Louise Bourgeois, Eduardo Chillida, Yves Klein, Jeff Koons, o Fujiko Nakaya, che vi divertirete a scoprire nel curvilineo labirinto delle mura esterne del Museo. Peraltro, vi garantisco che non sarà difficile notarle.
Sono 24mila metri quadrati di decostruttivismo allo stato puro, di cui 10600 dedicati agli spazi espositivi: all’inizio l’impresa faraonica era stata criticata, per le spese, i materiali (il titanio – fatto venire apposta dall’Australia, fuso in Francia, laminato a Pittsburg e assemblato a Milano – subisce un particolare processo di ossidazione che ne rende difficile la manutenzione, ad esempio), l’impatto visivo dell’edificio sul territorio circostante (indubbiamente d’effetto); ma le critiche sono presto rientrate a fronte del vero e proprio pellegrinaggio cui si è assistito, subito, dopo l’inaugurazione e l’apertura. Famosa l’opposizione di Jorge Oteira, astrattista orgogliosamente basco: non avrebbe mai dato il permesso di collocare alcuna delle sue opere in quella “fabbrica di formaggio”! Poi però, visto l’enorme successo, cambia idea: visto che ormai il Museo c’è, tanto vale coglierne i lati positivi. E quattro delle sue “Sculture Vuote” ora sono felicemente ospitate nel Museo.
In ottima compagnia, peraltro. Li dobbiamo elencare tutti? Ma no: già dopo aver nominato Kandinskij, Picasso, Braque e Warhol comincia a girarci la testa. Perché poi, tranquilli: li ritroviamo tutti. I protagonisti dell’Arte Contemporanea, decisamente una sorta di grande famiglia in cui tutti si conoscono e si ritrovano di museo in museo, di galleria in galleria, di kermesse in kermesse, si fanno notare anche qui, puntuali – e se sfilate l’elenco online delle opere, ad esempio, vi viene voglia di partire subito.
Boltanski, Gilbert & George, Richter, Schnabel, Serra. I “volti noti” ci sono tutti, nessuno escluso e ognuno può farsi il proprio percorso tra quelli preferiti.
Ovviamente, attorno alle collezioni permanenti, il solito immancabile florilegio di iniziative: mostre temporanee, esposizioni, incontri, dibattiti, corsi e ricorsi che non si fermano nemmeno dopo il calar del sole – c’è un’intera sezione delle attività del Museo, infatti, che si chiama “Art After Dark” e che sfrutta l’orario di apertura notturno combinando arditamente arte e musica – un venerdì sera al mese, l’Atrio del Museo si trasforma in Disco, con tanto di DJ famosi chiamati dalla Spagna e da tutto il mondo. Più contemporanei di così.
Ma anche se non vi convince molto la contaminazione musica elettronica+arte contemporanea, un salto al Guggenheim di Bilbao, la sera, fatelo: quel misterioso organismo di titanio e cristallo non sta mai fermo neanche la notte e tra fontane illuminate, getti di gas colorati, fuoco e fiamme, continua a dare spettacolo, instancabile.
Dove dormire a Bilbao. L’NH Collection Rìa de Bilbao è caratterizzato da una splendida facciata in vetro colorato, sorge di fronte al Museo Guggenheim, sulla riva opposta del fiume Nervión; l’Hotel Ripa è tradizionale ed economico, con ottima vista sulla città e sul fiume; l’Hotel Conde Duque Bilbao è confortevole e internazionale, vicino al ponte di Calatrava, al centro storico e al Museo Guggenheim.