Mentre percorriamo i primi chilometri del nostro viaggio in moto attraverso Ladakh, siamo euforici all’idea di lasciarci alle spalle il caos e la confusione di Delhi. Una città unica al mondo che sta cercando di risollevare le sorti economiche del paese, ma in cui sono evidenti più che mai gli enormi divari e le contraddizioni dell’India. Una città disseminata di attività commerciali, di palazzoni e manager in doppio petto, in un contesto di estrema povertà in cui si respira a ogni angolo la forte componente tradizionale e religiosa. È lo scontro o “big crash”, come lo chiamano loro, fra modernità e tradizione.
Siamo partiti da circa un’ora, abbiamo racimolato due caschi appena fuori Delhi per un costo di circa cinque euro (consigliabile portarne uno da casa, la qualità indiana è pessima). La strada è grande e asfaltata e noi cercheremo di percorrere più chilometri possibile per raggiungere in giornata Chandigarh.
Dopo poco però mi accorgo che il mio amico è costretto a una frenata piuttosto brusca, mi avvicino per capire che succede e da ex meccanico non posso fare altro che mettermi le mani nei capelli: scoppiati i cuscinetti della ruota posteriore che è completamente distaccata dalla moto! Grazie alla benedizione ricevuta (o almeno ci piace pensare cosi) ci fermiamo esattamente di fronte alla baracca di un meccanico che ispeziona la ruota. Sembra molto meno demoralizzato di noi e ci garantisce che in qualche ora la rimetterà in sesto.
Rincuorati ci dirigiamo verso un tempietto che scorgiamo a malapena tra gli alberi, sappiamo che troveremo acqua e ombra che con questo caldo torrido sono sicuramente le due cose più importanti. Passiamo circa tre ore a chiacchierare con i monaci shivaiti, paghiamo il meccanico (c.ca 3 euro) e ripartiamo.
La pioggia continua ad alternarsi al sole e il paesaggio scorre monotono. Ma non c’è tempo di annoiarsi, il ritmo è spezzato dagli innumerevoli guasti che ci impediscono di raggiungere Chandigarh entro sera. E’ ormai buio e guidare in India dopo il tramonto è una pessima idea! Pernottiamo così in uno squallido e moderno hotel di Ambala City, per giunta enormemente costoso (20 euro), e ripartiamo l’indomani mattina. Ambala, infatti, non ha molto da offrire al turista, è solo un importante centro industriale per la produzione di materiale tecnologico/scientifico.
Ed eccoci di nuovo in moto, sotto il tipico acquazzone monsonico, ma confidiamo nel fatto che non durerà tutto il giorno. Nel frattempo ci armiamo di sacchi della spazzatura, nastro adesivo (o jesus tape) e partiamo. La strada sembra un fiume in piena, i camion bloccano il passaggio, ma siamo intenzionati a raggiungere comunque la meta di oggi, la famosa Manali.
Costretti a sostare per quasi tutto il pomeriggio sotto all’unica tettoia in zona, ci rendiamo presto conto che il nostro obiettivo sta diventando un’impresa quasi impossibile. Ma abbiamo l’opportunità, sotto la tettoia, di conversare con gente da ogni dove, bere chai bollente (il tipico tè indiano) e persino di rifocillarci e asciugarci.
Le ore passano e decidiamo di fermarci per la notte a poche centinaia di metri, nei pressi di Kiratpur, una minuscola cittadina alle pendici dell’Himalaya. Non c’è molto da vedere, esclusa l’enorme moschea bianca, ma ci accorgiamo immediatamente del cambiamento nei modi di fare: qui le persone sono gentili, affabili e semplici. Ormai il caos e la “modernità” di Delhi sono solo un ricordo lontano.
Dopo aver fatto visita praticamente a tutti gli abitanti del paese (conosciuti durante il lungo pomeriggio) riusciamo a mangiare qualche uovo, gentilmente offerto dal padrone di casa, e andiamo finalmente a dormire. Prima di addormentarmi non posso fare a meno di riflettere su quello che sta succedendo: guidiamo da due giorni, 13 ore il primo e 5 il secondo, avremo percorso 250 km se va bene, entrambe la moto cominciano a dare gravi segni di cedimento, la strada da qui in poi sarà sempre peggio, piove dalla mattina alla sera… E l’unica parola che ho in testa è: incredibile. Poi ricordo di aver letto quella stessa parola su ogni cartello stradale: “Incredibile India”. Ora capisco, è tutto normale. Chiudo gli occhi e mi preparo alla miglior dormita di sempre.
Il viaggio in Ladakh continua… Lungo la srada per Manali ➔