Dove dormire a New York: gli hotel letterari

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All’Oak Room bar dell’Hotel Plaza, Francis Scott Fiztgerald era di casa e Truman Capote, dopo il successo di In Cold Blood, spese una fortuna per il ballo in maschera che si guadagnò le prime pagine dei quotidiani dell’epoca. Nel cuore di New York diversi hotel sono stati rifugio di scrittori famosi, punto d’incontro tra letterati, luoghi di palpitante creatività. Oggi sono molto cambiati, ma qualcuno ha in sé ancora l’atmosfera di tempi lontani. Basta cercarla. Magari visitandoli solo per curiosità o pernottandovi una notte sperando che l’ispirazione possa essere contagiosa.

Il Chelsea negli Anni Sessanta pareva combinare due atmosfere: un caos ottimistico e spaventoso che prediceva il futuro moderno, ed allo stesso tempo il sentimento di una compatta e protettiva famiglia vecchio stile. Perlomeno nella mente di ognuno rappresentava il mito di essere accudito, ma come tutti i miti non riuscì a sostenere un esame più approfondito.

Arthur Miller

Così ne parlò Arthur Miller che negli anni sessanta ci visse per sette anni dopo il divorzio da Marylin: nella stanza 614 scrisse After the Fall, monumento alla sofferenza della donna mito nell’immaginario americano. Jack Kerouac in tre giorni diede alla luce la prima stesura di On the Road e tanti altri scrittori passarono tra queste mura con il loro talento e i loro demoni, tra cui Mark Twain, Tennessee Williams e William Burroughs. Non è stato solo un hotel sulla 23esima strada di New York, il Chelsea è stato un riparo e qualche volta il capolinea, come nel caso di Dylan Thomas, per artisti e sognatori. Chi ha avuto la fortuna di soggiornarci anche per una notte potrà dirvi che questo museo racchiudeva in sé il fascino della storia: parliamo ormai al passato perché il suo destino è segnato. Dopo numerose traversie, l’edificio è stato venduto visti gli insostenibili costi della ristrutturazione: lo stesso sito riporta la momentanea chiusura pur non specificando, dopo la calata del sipario, cosa aspettarsi. Si spera non un hotel lussuoso e algido, di cui nessuno sente il bisogno. Nel frattempo ricordiamolo per ciò che è stato: uno splendido edificio gotico, ultimo avamposto di bohemièn, dove Allen Ginsberg e Gregory Corso si trovavano per filosofeggiare e parlar di poesia.

Nell’Upper west side, sulla 79esima strada all’angolo di Amsterdam Avenue, all’altezza del Museo di Storia naturale e a due passi da Central Park, un altro hotel fu dimora di “movers and shakers”. Il più famoso ospite al Lucerne Hotel fu Eugene O’Neill: durante la sua permanenza a Princeton tra il 1906 e l’anno successivo, il drammaturgo si sistemò nella nuova costruzione. L’avventura durò poco, visto che fu espulso dall’Università grazie al vizio della bottiglia. Oggi l’edifico è completamente ristrutturato, disponendo di duecento camere dotate di tutti i comfort, ed è considerato uno degli hotel più eleganti di Manhattan.

Se i nomi di Charles MacArthur e Ben Hecht non vi suonano familiari, vi basti sapere che all’Hotel Elysee ci visse e morì Tennessee Williams. Qui, per quindici anni della sua vita, gli ultimi, il drammaturgo e scrittore statunitense scrisse alcune delle sue opere, facendo lamentare i vicini di stanza per il continuo ticchettare della macchina da scrivere fino a notte inoltrata. Negli ultimi anni, dopo aver perso il suo compagno, visse gravi crisi depressive che lo portarono a dolorosi periodi privi d’ispirazione: scrisse però fino alla sua ultima piece nella Sunset Suite, chiamata così in suo onore, fino al 1983 quando morì, presumibilmente per un’overdose di alcool e barbiturici. Ancora oggi, alcune celebrità, oltre che turisti e uomini d’affari amano soggiornare in questo hotel nella Midtown, a pochi passi dalla Quinta strada e dal Rockefeller Centre.

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Spostandoci più a sud verso Bryant Park, sulla 44esima tra la 5a e la 6a strada, un altro hotel può vantare una storia letteraria di tutto rispetto. Stiamo parlando dell’Algonquin hotel, dove nel 1950 William Faulkner scrisse il suo discorso in occasione dell’assegnazione del Premio Nobel. Già dagli anni venti questo splendido edificio liberty divenne un vero e proprio polo culturale: per ben 10 anni nella Pergola Room (oggi Oak Room) a un lungo tavolo rettangolare prima, e poi nella Rose Room a un tavolo rotondo, si ritrovavano abitualmente alcuni letterati e critici che crearono proprio quella che ancor oggi è conosciuta come The Algonquin Round Table. Tra i membri di questo esclusivo gruppo, che si definivano ironicamente come The Vicious circle, si ricordano la grandiosa Dorothy Parker, George S. Kaufman, Marc Connelly, Edna Feber e Alexander Woollcott. Da questi incontri nacquero diverse collaborazioni, un giornale, The New Yorker, e una commedia teatrale rappresentata una sola volta, il No Sirree! Quando all’inizio degli anni Trenta i membri del gruppo iniziarono a lavorare fuori da New York, fu fisiologico lo scioglimento: ormai però la fama dell’hotel come punto nevralgico della cultura newyorkese era salda. Una targa riporta una citazione che vale più di mille parole:

I membri della Tavola Rotonda con la forza del carattere cambiarono la natura della commedia americana e fissarono nuovi canoni estetici di una nuova stagione delle arti e del teatro.
Brooks Atkinson

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